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Isa: la Verità del Ghiaccio

Isa (fonetica “I”) in norreno significa “ghiaccio” e deriva dalla stessa radice dell’inglese ice.

Di questa runa non esiste la posizione capovolta e questo indica che il suo significato è sempre velato di ambiguità: l’estrazione di Isa non è mai un segno fausto né infausto di per sé.

In un poema runico islandese si dice che Isa, il ghiaccio, è la corteccia dei fiumi. Quest’immagine suggestiva ci rimanda a un processo di cristallizzazione, solidificazione e concentrazione: la corteccia è la scorza esterna dell’albero, la parte dura che protegge l’interno vivo e fluido. Da questo punto di vista Isa rappresenta l’indurimento esterno, un atteggiamento di protezione e chiusura. In effetti, già con la sua semplice forma, questa runa ci parla di isolamento dal mondo, di essenzialità e ritiro in se stessi, è una runa “invernale”, che invita alla meditazione e alla contemplazione del vuoto.

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Isa significa distacco, morte esteriore, solitudine, riflessione. Il ghiaccio è anche la parte esterna, superficiale dei corsi d’acqua in inverno, e luccica al sole come uno specchio. Fa pensare quindi al concetto di illusione com’è intesa per esempio nella cultura buddista: Maya è il velo che ricopre la Realtà impedendoci di percepirla per come è veramente, il teatro di finzione che inganna i nostri sensi imprigionandoci nel dolore di samsara, l’eterno ritorno. Per uscirne, occorre seguire l’insegnamento del Buddha: praticare l’arte del distacco, del ritiro in se stessi e al tempo stesso dell’espansione della mente oltre le apparenza del mondo fisico.

Sul ghiaccio si può scivolare. Isa ci indica quindi anche un percorso pericoloso, da affrontare con circospezione e lentezza.

Isa rappresenta il lutto e della sua elaborazione: per superare il dolore dobbiamo lasciare andare ogni attaccamento a cose e persone, focalizzandoci nell’eterno presente rappresentato da questa runa: un sottile ponte tra Terra e Cielo, tutto concentrato nell’Adesso.

La divinità collegata a Isa è la Norna Verdandi, una delle tre sorelle del Destino. Mentre Urd è il Passato e Skuld il Futuro, Verdandi è il Presente, il Qui-e-Ora, l’unica cosa che esiste davvero per colui che medita.

Le tre Norne

Le tre Norne

L’estrazione di questa runa ci mette in guardia da un dispendio di energie poco oculato, ci avvisa che stiamo attraversando il nostro inverno e che ci conviene risparmiare le nostre energie e guardare dentro noi stessi. Dobbiamo fermarci, lasciare che una lastra di ghiaccio ricopra e protegga il fluire della vita dentro di noi, in attesa della primavera. Ci consiglia di coltivare la solitudine, di imparare ad apprezzare i pregi dell’isolamento, di prendere dimestichezza con il distacco dalle cose del mondo, che sono impermanenti, frutto e causa di dolore.

Isa ci dice di aspettare, non compiere mosse avventate ma riflettere, senza temere l’apparente fine delle cose, connettendosi con il proprio centro, che è anche il centro dell’Universo.

Questa runa è legata al colore bianco, al freddo e all’immobilità. Secondo il runologo Edred Thorsson Isa rappresenta anche l’antimateria, contrapposta a Fehu che è l’abbondanza sempre rigenerata della vita. Isa è energia centripeta, concentrata in se stessa fino a divenire un potente centro di attrazione e annullamento al tempo stesso.

Nel tempo ciclico, che è il vero tempo del mondo, gli opposti si avvicendano come aspetti della medesima cosa. L’espirazione segue all’inspirazione così come la notte segue al giorno e la morte alla vita. Isa rappresenta il momento di vuoto, l’apnea tra un respiro e l’altro, la morte apparente della natura in inverno a cui farà inevitabilmente seguito la rinascita primaverile.

E’ un tempo di attesa che ci viene offerto non per disperare ma per conoscerci meglio. Solo conoscendo le profondità di noi stessi infatti impariamo a conoscere Dio.

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Approfittiamo dunque di questa stasi, del ghiaccio che ci circonda, avvolgiamoci in noi stessi ed immergiamoci nel nostro paesaggio interiore. Impariamo a scendere oltre lo strato luccicante, oltre il velo dell’illusione, a guardare in faccia il vuoto che ci costituisce. Diventiamo forti, lasciamo che l’isolamento ci tempri: solo quando sapremo stare da soli, potremo stare bene anche insieme agli altri. Accettiamo di morire al dolore, lasciamo andare ciò che è morto. Vediamo cosa rimane. Quello che resta è la nostra essenza, ciò che non ci potrà mai essere tolto e che come un ponte ci collega all’Uno Infinito. Concentriamoci, raccogliamoci nel nostro centro fino a scomparire nella sua luce bianca. In questo consiste la meditazione in fondo: nello smettere di pensare per essere uno nel qui e ora. Morti, più che mai vivi.

Parole chiave: ghiaccio, meditazione, isolamento, vuoto, distacco, concentrazione, eterno presente

Divinità che la presiedono: la Norna Verdandi e la dea Hel, figlia di Loki

Chakra: VI

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Per approfondire:

-Bellini G., Galimberti U., Runemal – Il grande libro delle Rune, L’Età dell’Acquario, Torino 2009

-Thorsson E., Futhark – A Handbook of Rune Magic, Red Wheel/Weiser, San Francisco 1983

-Thorsson E., Runelore, Red Wheel/Weiser, San Francisco,1987

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Uruz, l’Istinto di Sopravvivenza

Se con Fehu eravamo nel regno dell’abbondanza senza fine della vita intrauterina, con Uruz (fonetica “U”) facciamo l’ingresso nel mondo. Uruz rappresenta l’istinto di sopravvivenza, l’energia primordiale irrefrenabile con cui emettiamo il primo, disperato vagito di saluto al mondo.

Siamo nati. Non c’è più il tepore perfetto che ci circondava e con cui ci identificavano nel ventre di nostra madre. Ora siamo fuori, soli, fa freddo, ci sentiamo “sconnessi” dal corpo che prima ci teneva in vita, siamo spaventati e assediati da centinaia di stimoli che non riconosciamo. Tutto è più intenso: i suoni, le sensazioni. L’aria inizia a scorrere nel nostro sistema respiratorio ed è un’esperienza che ci sembra del tutto naturale, istintiva, eppure stupefacente. Come facciamo a sapere come si respira?

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Il nome Uruz deriva da “ur”, radice indoeuropea che indica la forza primordiale, l’istinto, e ideograficamente rappresenta la corna dell’uro (Bos taurus primigenius), il suo animale simbolo, un toro di dimensioni gigantesche che fin dall’Età del Bronzo veniva identificato con la forza e la fertilità, rappresentato nelle pitture rupestri, sacrificato in rituali sacri per la Grande Madre, sfidato da uomini che volevano dimostrare il loro valore con la tauromachia.

Oggi l’uro è estinto. L’ultimo esemplare era una femmina ed è morta in Polonia nel 1627.

Se Fehu sono le corna della mucca cosmica rivolte verso il cielo, Uruz sono le corna dell’uro rivolte verso la Terra: il toro a testa bassa, che riceve la sua energia dalle viscere del pianeta e si concentra prima di partire all’attacco.

Uruz è un’energia profonda radicata dentro di noi. E’ la forza inconscia irrefrenabile, che nemmeno sappiamo di avere ma che si aggira nei meandri della nostra mente come il Minotauro nel suo labirinto. E’ quella forza muta e impersonale che sa già come si fanno le cose, senza bisogno dell’aiuto della mente razionale individuale. E’ il potere di modellare la realtà.

Se questa forza sovrumana lavora contro di noi, non potremo procedere ma dovremo continuamente offrirle costosi sacrifici senza riceverne nulla in cambio, almeno fino a che una parte di noi (Teseo) non troverà il coraggio di uccidere il Toro inoltrandosi nel labirinto dell’inconscio, con il gomitolo della coscienza a garantirgli la via del ritorno.

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Se invece questa energia combattente eminentemente maschile, questa forza di volontà ferrea lavora a nostro favore, è in armonia con i nostri scopi, allora possiamo contare sull’appoggio del nostro inconscio che, invece di metterci i suoi grossi bastoni tra le ruote ci sosterrà con tutto il suo potere, come una gigantesca onda schiumosa che ci trasporta sulla sua cresta.

Uruz rappresenta il lato oscuro e selvaggio dentro di noi, la nostra parte animale che desidera sopravvivere e affermarsi più di qualunque altra cosa e a ogni costo. E’ la pertinacia, l’energia maschile, la forma che penetra la materia strutturandola. Uruz è la forza interna alla materia stessa,  che la organizza secondo un pattern preciso. E’ quell’istinto dentro di noi che ci porta a intraprendere le azioni e portarle a termine, il desiderio di autoaffermazione, di lasciare un segno nel mondo, di conquistare il nostro spazio e informarlo di noi.

E’ l’immenso corpo del toro, forte e caparbio, difficile da addomesticare, con un profondo istinto per la vita, che si scrolla di dosso le linci fameliche.

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Essendo un’energia radicata nel nostro inconscio, Uruz rappresenta una parte di noi primordiale con cui dobbiamo imparare a fare i conti se vogliamo integrare ogni lato della nostra anima. Uruz è la bestia, che alcuni di noi forse ripudiano e tengono nascosta ma è proprio da lei che viene l’energia che ci sostiene nella vita, la salute, la forza di lottare con testardaggine, la perseveranza nel portare a termine le azioni, l’intraprendenza. E’ la spinta a sopravvivere, a farsi spazio. Se questa energia è accettata e ben integrata, può costituire una risorsa importantissima per la nostra vita. Sono le fondamenta del Guerriero, le radici da cui riceve energia dalla Terra.

L’estrazione di Uruz indica che l’istinto primordiale ci sta sostenendo, che abbiamo la salute, la forza, una buona riserva di energia su cui contare. Che abbiamo preso la rincorsa verso la realizzazione di un nostro progetto e una forza da toro ci aiuterà a portarlo a termine.

Uruz chiama anche in causa l’inconscio, il lato oscuro, animale, e ci dice, se estratta diritta, che in questo momento il nostro Io sta andando nella stessa direzione del nostro Minotauro interiore, che le due energie sono in sintonia. Tuttavia ci ricorda la sua presenza: non siamo solo luce e consapevolezza, ma anche forza cieca istintiva, slancio disperato, fame di vita. Dobbiamo sempre lavorare verso l’accettazione del nostro aspetto animale e verso la sua integrazione con gli aspetti più consci della nostra personalità.

Uruz capovolta indica al contrario un blocco in quest’area energetica, un ristagno, una mancanza di forza. Il nostro inconscio, il toro che si aggira nel labirinto della nostra mente, è scontento e non ci sta sostenendo anzi, probabilmente sta lavorando contro di noi, causandoci un’enorme fatica, rallentamenti, stanchezza. Uruz capovolta indica incapacità di agire, assenza di determinazione, forse cattive condizioni di salute.

Significa che, qualunque progetto stiamo perseguendo, dobbiamo innanzitutto risolvere il blocco istintivo che ci impedisce di avanzare, di lottare. Dobbiamo metterci in ascolto del nostro inconscio più profondo, dove risiede quel motore insaziabile di vita che costituisce la base energetica di tutte le nostre azioni. Cosa c’è che non va? Stiamo facendo qualcosa che va contro i nostri principi? O forse il nostro inconscio è bloccato a un’altra fase della nostra vita, a un irrisolto che continua a chiederci sacrifici, a risucchiare energia senza restituirci nulla in cambio? C’è da qualche parte dentro di noi un vampiro energetico che tiene Uruz in ostaggio?

Uruz capovolta ci invita a riflettere anche sul nostro equilibrio energetico, su cui possiamo influire anche con esercizi fisici atti a sbloccare i chakra inferiori, dal primo al terzo. Dobbiamo ricontattare la nostra energia primordiale, darle voce, lasciarla urlare di rabbia e di vita, farle sentire che la accettiamo a che anzi abbiamo un fondamentale bisogno del suo aiuto.

Soltanto lei ci può dare la forza strutturale, soltanto lei custodisce nel suo grande corpo nero le riserve energetiche per nutrire la nostra volontà.

Uruz è scoppiare di salute, affermare la propria presenza nel mondo, integrarsi nella realtà dandole forma, plasmandola con la nostra energia e impegnandoci per realizzare i nostri obiettivi.

Parole chiave: istinto, energia primordiale, forza, salute, volontà, azione, vitalità

Divinità che la presiedono: Loki, Odino

Chakra: I, III

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Per approfondire:

-G. Bellini, U. Galimberti, Runemal – Il grande libro delle Rune, L’Età dell’Acquario, Torino 2009

-E. Thorsson, Futhark – A Handbook of Rune Magic, Red Wheel/Weiser, San Francisco 1983

-E. Thorsson, Runelore, Red Wheel/Weiser, San Francisco 1987

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Fehu: l’Età dell’Oro

 Fehu (fonetica: “F”) è la prima lettera dell’alfabeto runico e come tale riveste un ruolo particolare. Come aleph nell’alfabeto ebraico e alpha in quello greco, dà inizio, è la prima nota della sinfonia che segue. Ed è interessante perciò scoprire che si tratta della Runa dell’abbondanza senza fine, della prosperità e della fiducia, della continua soddisfazione senza paura, simile a quella che può provare un bambino quando si trova ancora nel grembo materno.

Fehu è l’inizio della vita, sia individuale che collettiva, il passato luminoso, l’Età dell’Oro perduta e apparentemente irraggiungibile, la felicità che sta all’origine di ogni cosa e forma la trama nascosta dell’esistenza.

E’ il tempo in cui la fiducia non è ancora stata infranta. L’Estate senza fine, i frutti maturi che cadono dai rami degli alberi sull’erba soffice, mentre la luce del sole dona a ogni cosa un riflesso dorato e tutto il mondo è un giardino vivente, un’unica creatura che riposa nella luce calda del pomeriggio, il respiro regolare, assorta per sempre nel meraviglioso sogno di se stessa che dorme – e nulla esiste che la possa turbare. Fehu è questa splendente creatura e tutte le immagini e le sensazioni a essa legate: l’Eden, la sicurezza e il piacere senza tempo della vita intrauterina, ricchezza, abbondanza, prosperità, fortuna, nutrimento, identità fra sé e il principio divino, fiducia assoluta nel fatto che “ce n’è abbastanza per tutti”.

L’estrazione di questa Runa richiama con forza l’immagine di due braccia tese -verso il futuro, verso il prossimo-, di due corna che si protendono a intercettare le energie cosmiche. Fehu ci dice che siamo nel giusto rapporto con il concetto di abbondanza e ci invita a riporre fiducia nella generosità del Cosmo.

Nella forma del suo glifo è stata ravvisata l’eco delle corna di una mucca – forse Audhumla, la mucca cosmica, l’opulenta madre da cui l’umanità ha avuto origine secondo la mitologia norrena. In effetti è possibile immaginare che il segno per Fehu sia la stilizzazione di un paio di corna, tenuto conto anche che presso le società patriarcali dell’antichità la ricchezza coincideva con  il numero di capi di bestiami posseduti (in latino pecus: capo di bestiame; pecunia: ricchezza).

Allo stesso tempo però, essendo le Rune configurazioni energetiche preesistenti alla codificazione da parte dell’uomo, emerse dagli abissi insondati dell’anima di un dio, a me piace pensare che i glifi che le rappresentano non siano semplici stilizzazioni di disegni rappresentanti oggetti della vita quotidiana (le corna di una mucca, un chicco di grandine e così via), ma siano essi stessi rappresentazioni dirette, rivelate, delle energie archetipiche a cui corrispondono.

In questo caso voler far derivare i segni delle Rune da figure di oggetti familiari sarebbe procedere al contrario, oppure fare come gli antichi (o come i bambini), che guardavano le costellazioni del cielo notturno e vi scorgevano forme di animali, mostri e personaggi mitologici – un bellissimo esercizio, che in alcuni casi può avvicinare alla verità, ma non bisogna scordare che le stelle erano lì da prima che noi dessimo loro un nome.

Per quanto riguarda l’estrazione della Runa capovolta, concordo con quanto scrivono gli autori di Runemal: “Di solito l’estrazione al contrario non muta la valenza dei contenuti intrinsechi del simbolo, che restano invariati, piuttosto il messaggio dell’inconscio che ci fa scegliere una Runa capovolta è che le qualità positive del segno sono ancora relegate in una zona oscura della psiche, in una sorta di stand by, sono inattive o bloccate, in attesa di essere liberate dall’esterno. (…) La Runa capovolta ci offre l’opportunità di esplorare il lato oscuro della nostra psiche, l’Ombra, per poter attingere alle riserve di energia che in essa si celano.”

Fehu capovolta indica un blocco energetico nell’area dell’abbondanza e della fiducia: forse coltiviamo un concetto erroneo di ricchezza, forse non crediamo nell’abbondanza cosmica, ci sentiamo privati di qualcosa di cui sentiamo la mancanza, siamo insoddisfatti, sfiduciati, scettici.

Il primo passo per risvegliare l’energia di Fehu sarà allora la gratitudine. Ringraziare per il dono della vita, accettare senza condizioni ciò che noi siamo e ciò che gli altri sono. Avere il coraggio di lasciarsi andare, senza giudicare. Prendere la decisione -poco per volta, giorno dopo giorno- di fidarsi del mondo e di condividere se stessi con gli altri, senza più paura. Visualizzare il ventre della madre cosmica che tutti ci contiene e nutre e che non aspetta altro che noi ce ne rendiamo finalmente conto per far sorgere di nuovo l’Età dell’Oro.

Parole chiave: abbondanza, prosperità, nutrimento, successo, fiducia

Divinità che la presiedono: Freya e Freyr, la mucca cosmica Audhumla, la Grande Madre Terra

Chakra: I, II, IV

Per approfondire: 

-G. Bellini, U. Galimberti, Runemal – Il grande libro delle Rune, L’Età dell’Acquario, Torino 2009

-E. Thorsson, Futhark – A Handbook of Rune Magic, Red Wheel/Weiser, San Francisco 1983

-E. Thorsson, Runelore, Red Wheel/Weiser, San Francisco 1987

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