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Uruz, l’Istinto di Sopravvivenza

Se con Fehu eravamo nel regno dell’abbondanza senza fine della vita intrauterina, con Uruz (fonetica “U”) facciamo l’ingresso nel mondo. Uruz rappresenta l’istinto di sopravvivenza, l’energia primordiale irrefrenabile con cui emettiamo il primo, disperato vagito di saluto al mondo.

Siamo nati. Non c’è più il tepore perfetto che ci circondava e con cui ci identificavano nel ventre di nostra madre. Ora siamo fuori, soli, fa freddo, ci sentiamo “sconnessi” dal corpo che prima ci teneva in vita, siamo spaventati e assediati da centinaia di stimoli che non riconosciamo. Tutto è più intenso: i suoni, le sensazioni. L’aria inizia a scorrere nel nostro sistema respiratorio ed è un’esperienza che ci sembra del tutto naturale, istintiva, eppure stupefacente. Come facciamo a sapere come si respira?

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Il nome Uruz deriva da “ur”, radice indoeuropea che indica la forza primordiale, l’istinto, e ideograficamente rappresenta la corna dell’uro (Bos taurus primigenius), il suo animale simbolo, un toro di dimensioni gigantesche che fin dall’Età del Bronzo veniva identificato con la forza e la fertilità, rappresentato nelle pitture rupestri, sacrificato in rituali sacri per la Grande Madre, sfidato da uomini che volevano dimostrare il loro valore con la tauromachia.

Oggi l’uro è estinto. L’ultimo esemplare era una femmina ed è morta in Polonia nel 1627.

Se Fehu sono le corna della mucca cosmica rivolte verso il cielo, Uruz sono le corna dell’uro rivolte verso la Terra: il toro a testa bassa, che riceve la sua energia dalle viscere del pianeta e si concentra prima di partire all’attacco.

Uruz è un’energia profonda radicata dentro di noi. E’ la forza inconscia irrefrenabile, che nemmeno sappiamo di avere ma che si aggira nei meandri della nostra mente come il Minotauro nel suo labirinto. E’ quella forza muta e impersonale che sa già come si fanno le cose, senza bisogno dell’aiuto della mente razionale individuale. E’ il potere di modellare la realtà.

Se questa forza sovrumana lavora contro di noi, non potremo procedere ma dovremo continuamente offrirle costosi sacrifici senza riceverne nulla in cambio, almeno fino a che una parte di noi (Teseo) non troverà il coraggio di uccidere il Toro inoltrandosi nel labirinto dell’inconscio, con il gomitolo della coscienza a garantirgli la via del ritorno.

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Se invece questa energia combattente eminentemente maschile, questa forza di volontà ferrea lavora a nostro favore, è in armonia con i nostri scopi, allora possiamo contare sull’appoggio del nostro inconscio che, invece di metterci i suoi grossi bastoni tra le ruote ci sosterrà con tutto il suo potere, come una gigantesca onda schiumosa che ci trasporta sulla sua cresta.

Uruz rappresenta il lato oscuro e selvaggio dentro di noi, la nostra parte animale che desidera sopravvivere e affermarsi più di qualunque altra cosa e a ogni costo. E’ la pertinacia, l’energia maschile, la forma che penetra la materia strutturandola. Uruz è la forza interna alla materia stessa,  che la organizza secondo un pattern preciso. E’ quell’istinto dentro di noi che ci porta a intraprendere le azioni e portarle a termine, il desiderio di autoaffermazione, di lasciare un segno nel mondo, di conquistare il nostro spazio e informarlo di noi.

E’ l’immenso corpo del toro, forte e caparbio, difficile da addomesticare, con un profondo istinto per la vita, che si scrolla di dosso le linci fameliche.

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Essendo un’energia radicata nel nostro inconscio, Uruz rappresenta una parte di noi primordiale con cui dobbiamo imparare a fare i conti se vogliamo integrare ogni lato della nostra anima. Uruz è la bestia, che alcuni di noi forse ripudiano e tengono nascosta ma è proprio da lei che viene l’energia che ci sostiene nella vita, la salute, la forza di lottare con testardaggine, la perseveranza nel portare a termine le azioni, l’intraprendenza. E’ la spinta a sopravvivere, a farsi spazio. Se questa energia è accettata e ben integrata, può costituire una risorsa importantissima per la nostra vita. Sono le fondamenta del Guerriero, le radici da cui riceve energia dalla Terra.

L’estrazione di Uruz indica che l’istinto primordiale ci sta sostenendo, che abbiamo la salute, la forza, una buona riserva di energia su cui contare. Che abbiamo preso la rincorsa verso la realizzazione di un nostro progetto e una forza da toro ci aiuterà a portarlo a termine.

Uruz chiama anche in causa l’inconscio, il lato oscuro, animale, e ci dice, se estratta diritta, che in questo momento il nostro Io sta andando nella stessa direzione del nostro Minotauro interiore, che le due energie sono in sintonia. Tuttavia ci ricorda la sua presenza: non siamo solo luce e consapevolezza, ma anche forza cieca istintiva, slancio disperato, fame di vita. Dobbiamo sempre lavorare verso l’accettazione del nostro aspetto animale e verso la sua integrazione con gli aspetti più consci della nostra personalità.

Uruz capovolta indica al contrario un blocco in quest’area energetica, un ristagno, una mancanza di forza. Il nostro inconscio, il toro che si aggira nel labirinto della nostra mente, è scontento e non ci sta sostenendo anzi, probabilmente sta lavorando contro di noi, causandoci un’enorme fatica, rallentamenti, stanchezza. Uruz capovolta indica incapacità di agire, assenza di determinazione, forse cattive condizioni di salute.

Significa che, qualunque progetto stiamo perseguendo, dobbiamo innanzitutto risolvere il blocco istintivo che ci impedisce di avanzare, di lottare. Dobbiamo metterci in ascolto del nostro inconscio più profondo, dove risiede quel motore insaziabile di vita che costituisce la base energetica di tutte le nostre azioni. Cosa c’è che non va? Stiamo facendo qualcosa che va contro i nostri principi? O forse il nostro inconscio è bloccato a un’altra fase della nostra vita, a un irrisolto che continua a chiederci sacrifici, a risucchiare energia senza restituirci nulla in cambio? C’è da qualche parte dentro di noi un vampiro energetico che tiene Uruz in ostaggio?

Uruz capovolta ci invita a riflettere anche sul nostro equilibrio energetico, su cui possiamo influire anche con esercizi fisici atti a sbloccare i chakra inferiori, dal primo al terzo. Dobbiamo ricontattare la nostra energia primordiale, darle voce, lasciarla urlare di rabbia e di vita, farle sentire che la accettiamo a che anzi abbiamo un fondamentale bisogno del suo aiuto.

Soltanto lei ci può dare la forza strutturale, soltanto lei custodisce nel suo grande corpo nero le riserve energetiche per nutrire la nostra volontà.

Uruz è scoppiare di salute, affermare la propria presenza nel mondo, integrarsi nella realtà dandole forma, plasmandola con la nostra energia e impegnandoci per realizzare i nostri obiettivi.

Parole chiave: istinto, energia primordiale, forza, salute, volontà, azione, vitalità

Divinità che la presiedono: Loki, Odino

Chakra: I, III

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Per approfondire:

-G. Bellini, U. Galimberti, Runemal – Il grande libro delle Rune, L’Età dell’Acquario, Torino 2009

-E. Thorsson, Futhark – A Handbook of Rune Magic, Red Wheel/Weiser, San Francisco 1983

-E. Thorsson, Runelore, Red Wheel/Weiser, San Francisco 1987

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Nut: dea del cielo, della notte, dell’acqua

Nut è una divinità del pantheon egizio, figlia di Shu, dio dell’aria, e di Tefnet, dea dell’umidità. Suo fratello, Geb, dio della terra, era anche suo marito. Gli Egizi furono forse l’unico popolo dell’antichità ad identificare il cielo con una divinità femminile e la terra con una maschile.

Nut è l’unica tra le dee egizie a venir raffigurata nuda, il suo immenso corpo blu ricoperto di stelle steso a formare un arco che sovrasta tutta la terra, separandola dal caos. Sul capo porta una coppa d’acqua, a volte viene raffigurata come dea alata e altre volte come una grande mucca.

Nut e Geb in origine erano amanti uniti in un eterno amplesso e fra i loro due corpi non v’era spazio per nulla. Ra, dio del Sole, che allora era il sovrano dell’intero cosmo, geloso dell’amore di Nut e Geb ordinò a Shu di separarli. Allora Shu sollevò il corpo di Nut, inarcandolo sopra a quello di Geb, la terra. Fu così che si fece spazio per il mondo. Da allora però Shu dovette per sempre rimanere a sostenere il corpo della figlia, per impedirle di riunirsi a Geb.

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Sempre per gelosia e per timore di perdere il potere, quando seppe che Nut era incinta Ra ordinò che la dea non potesse dare alla luce i suoi figli in nessuno dei 360 giorni dell’anno. Gravida di cinque dèi e disperata, Nut si rivolse allora a Thoth, dio della saggezza, chiedendogli aiuto. Thoth sfidò il dio della Luna, Khonsu, a dadi. Ogni volta che Thoth avesse vinto, Khonsu avrebbe dovuto concedergli un po’ di luce lunare. Thoth vinse talmente tante volte contro Khonsu, che alla fine riuscì a formare, con la luce vinta, cinque giorni in più, giorni lunari che non appartenevano al dio Sole Ra, in cui Nut poté finalmente partorire. Diede alla luce un dio al giorno: Osiride, Horus, Seth, Iside e Nephthys. I cinque giorni conquistati da Thoth erano giorni particolari nell’antico Egitto, e non appartenevano ad alcun mese. Alcuni di essi erano considerati fausti, come quello di Iside, altri infausti, come quello di Osiride o di Seth.

Un altro mito racconta che, quando Ra decise di abbandonare questo mondo, fu Nut, nella sua forma di mucca cosmica, a prendere il disco del dio Sole Ra fra le sue corna e a sollevarlo dalla Terra con immenso sforzo. Il peso del Sole era così insopportabile però che a un certo punto Nut venne soccorsa da quattro dèi, che l’aiutarono a issare Ra nell’altissimo e da allora rimasero per sempre a sostenere la volta del cielo, come pilastri.

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Nut è la dea del cielo e dei corpi celesti. Al tramonto inghiotte il Sole che durante la notte attraversa il suo corpo per poi venir nuovamente da lei partorito, all’alba di ogni giorno. Lo stesso succede alla Luna. Le stelle che ricoprono il corpo di Nut sono dèi e anime di defunti che nuotano come pesci oppure navigano su barche a vela nell’immensità blu del cielo notturno, che gli Egizi immaginavano come una grande distesa di acqua. I capelli di Nut sono la pioggia. Le sue mani e i piedi i punti cardinali.

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Oltre ad essere madre degli dèi, Nut è anche madre dei morti, raffigurata sui coperchi di numerosissimi sarcofagi. I defunti, come Ra e gli altri dèi, venivano da lei inghiottiti e accompagnati in cielo, dove la dea offriva loro libagioni. Per questo, in molte preghiere per i morti, è proprio a lei che ci si rivolge, chiedendole conforto e protezione.

Nut è una grande dea antica, cosmogonica. E’ una dea madre che offre protezione, che accompagna nei momenti di passaggio, che si fa carico del dolore e lo innalza al cielo. Ogni giorno inghiotte gli astri e lascia che essi attraversino il suo lungo corpo; ogni giorno partorisce nuovamente. E’ una dea di morte e rinascita, fortemente legata all’acqua, alla notte, all’inconscio. E’ anche una dea dello spazio, del vuoto. La sua immensa forza protegge la Terra dal caos e ha permesso a Nut di sollevare il Sole.

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Nut rappresenta un aspetto ancestrale e nobile della femminilità, il cui potere spaventa perfino il dio Ra. E’ la Grande Madre che tutto accoglie e che fa spazio, che accompagna i suoi figli nei loro viaggi attraverso il cosmo, che si lascia attraversare dagli astri, accogliendoli e poi donando loro nuovamente la vita – una vita sempre nuova.

E’ un’immagine di forza inesauribile, mai esausta di partorire, di prendere dentro di sé, di proteggere, di tenersi sollevata per dividere il cosmo dal caos.

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Nut è quella parte di noi che non muore mai ma sempre rinasce, quello spazio immenso nel fondo dei nostri cuori in cui possiamo accogliere tutto -anche ciò che non conosciamo, anche ciò che ci ferisce- sapendo in fondo che comunque, anche dopo aver inghiottito, si darà nuovamente alla luce, e che comunque dentro di noi rimarrà ancora altro spazio, vuoto e buio, pronto ad accogliere.

Nut è pertanto anche una dea del Cuore: come il Cuore infatti anche in lei non c’è limite di misura, c’è sempre spazio per accogliere ancora, c’è sempre uno sfondo immenso, dietro a tutte le stelle, uno spazio vuoto, magico, senza limiti, che si rinnova di continuo. Una sorgente cosmica di puro Amore.

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Nut è accettazione, accoglienza e rinascita.  E’ anche l’inconscio, acqua buia e piena di misteri, inesplorata e fonte continua di energia. E’ morte e resurrezione. E’ energia palingenetica, tutta femminile, che trova la sua forza proprio nell’essere fluida, nel non opporre resistenza, lasciandosi attraversare dalle cose, permettendo che il suo stesso corpo le trasformi, le rinnovi. Come una coppa d’acqua immensa, Nut ci sovrasta e ci protegge. Allo stesso tempo, Nut è anche dentro ognuna di noi, come principio fluido, come il Buio, la Grande Madre e l’Inconscio.

Invochiamo Nut ogni volta che sentiamo il bisogno di evocare quella parte di noi che è energia inesauribile di accettazione e rinascita, forza ancestrale. Quando dobbiamo lasciare che qualcosa passi attraverso di noi senza farci del male e per fare ciò necessitiamo di fluidità, morbidezza, non-resistenza, distacco. Quando vogliamo guardare la terra dal cielo. Quando vogliamo metabolizzare delle esperienze e trasformarle per poter rinascere. Chiediamo la sua protezione durante i parti e le morti, nei momenti di passaggio o semplicemente quando sentiamo il bisogno di avere più spazio, di trovare un vuoto in cui poterci espandere, per poterci connettere all’immensità del cielo che si stende dentro ognuna di noi.

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Bibliografia:

-Monaghan P., Dizionario delle Dee e delle Eroine, Red Edizioni, Milano 2004

-Pinch G., Egyptian Mythology, Oxford University Press, Oxford 2002

-Wikipedia: https://en.wikipedia.org/wiki/Nut_(goddess)

-Tutte le immagini sono tratte da Wikimedia Commons: https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Nut_(goddess)v

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