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Posizione del Pesce (Matsyasana)

Narra il mito che un giorno il dio Shiva, seduto sulla spiaggia di un’isola, stesse istruendo la sua sposa Parvati sulla pratica dello yoga, non accorgendosi però di un piccolo pesce che, nascosto tra le onde che si infrangevano sul bagnasciuga, ascoltava rapito tutte le sue parole. Quando i due déi si resero conto della presenza del piccolo intruso era troppo tardi: questi si era già dileguato tra i flutti, portando con sé tutti i segreti che aveva appreso. Il pesciolino nuotò per chilometri e chilometri, mentre elaborava e metteva a frutto dentro di sé gli insegnamenti che aveva carpito a Shiva. Tale era la potenza di questi insegnamenti che il pesciolino, nel breve spazio del suo viaggio a nuoto, passò attraverso tutte le tappe del percorso evolutivo finché, quando al termine del viaggio giunse a riva, sul continente, si era infine trasformato in un uomo. Quest’uomo, che si chiamò Matsyendra (Matsya in sanscrito significa “pesce”), fu il primo yogin della storia, e attraverso il suo insegnamento la scienza dello yoga poté essere conosciuta dagli esseri umani.

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Matsyasana è una posizione semplice ma potente, che stimola i chakra Vishuddha (gola), Anahata (cuore) e Svadhisthana (organi genitali). Mentre la si esegue, ci si sente come trasportati da un’onda di energia, come pesci nella corrente, attraversati da un sensazione di leggerezza, apertura e fiducia.

Matsyasana compensa la posizione di Tutto il corpo sostenuto (http://bit.ly/1EBo5ou), eseguita regolarmente contribuisce a curare costipazioni, bronchiti croniche, asma; previene raffreddori e mal di gola, stimola dolcemente la tiroide, tonifica la regione lombo-sacrale, i genitali e il sistema nervoso. E’ controindicata in caso di artrosi cervicale.

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Simbolo di Vishuddha chakra

L’asana

Siediti a terra, con le gambe unite stese in avanti e il busto eretto. Inspira profondamente e, espirando, piega il busto all’indietro, portando gli avambracci e i gomiti a terra.

Inspira profondamente spingendo in fuori il petto e, espirando, fai scivolare le braccia in avanti e la testa indietro, fino a toccare il suolo con il vertice del capo. I gomiti a terra aiutano a sostenere il busto arcuato, la mani poggiano sulle cosce (oppure si infilano sotto ai glutei), il bacino poggia a terra.

Mantieni la posizione, concentrando l’attenzione sulla respirazione toracica, per 5-10 respiri, aumentando gradualmente giorno per giorno. Per uscire dalla posizione inspira e, espirando, lasciati scivolare a terra.

Se lo desideri, è possibile eseguire l’asana anche tenendo le gambe intrecciate nella posizione del loto. L’effetto risulta più intenso e viene stimolato anche il chakra della radice, Muladhara.

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Letture consigliate:

-Cella G., Il grande libro dello yoga, Rizzoli, Milano 2009

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La posizione dell’albero (Vrksasana)

Gli alberi sono antichissimi esseri sapienti, che sostengono il suolo, lo nutrono, lo fanno respirare e lo collegano alle forze cosmiche. Sono il respiro del mondo e canali energetici di comunicazione tra la Terra e il Cielo. Con le loro radici sondano le Terra, massaggiandola e parlando con lei, scambiando nutrimenti; con i rami e le foglie comunicano con il Cosmo, canalizzandone le energie. Inoltre, con il respiro delle loro foglie gli alberi permettono all’uomo la vita sul pianeta, che altrimenti, in assenza di una quantità sufficiente di ossigeno, sarebbe impossibile. Viceversa l’uomo, con l’anidride carbonica prodotta dal suo respiro, dà nutrimento agli alberi.

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La simbiosi tra uomo e alberi non si limita a questo: ci sono mille altri modi, fisici e sottili, in cui le due famiglie si scambiano energie e informazioni.

Nonostante gli alberi siano molto più evoluti e sapienti, l’uomo somiglia in certo modo a loro: anch’egli infatti passa la maggior parte del suo tempo in posizione verticale, profondamente legato alla Terra e proteso verso il Cielo. Anch’egli respira, impiega molti anni prima di raggiungere la maturità sessuale e può vivere a lungo, assistendo a numerosi cicli di stagioni e ai mutamenti della Natura, accumulando saggezza da condividere. Questa somiglianza fa sì che la comunicazione tra uomo e alberi sia non soltanto possibile ma anche molto importante e fonte di gratificazione e di crescita.

Imparare ad ascoltare gli alberi e a parlare con loro è una delle più grandi fonti di ricchezza e gioia. Connettersi agli alberi è un modo efficacissimo per ricaricarsi dell’energia che corre lungo il loro tronco come lungo la nostra colonna vertebrale. Stare in mezzo agli alberi espande il nostro respiro connettendolo al respiro del Mondo.

In Vrksasana (che si legge vrikshasana) “imitiamo” gli alberi, radicando un piede a Terra e allungandoci verso il cielo. Durante l’asana è importante cercare di assumere lo stesso atteggiamento di un albero verso il mondo, “sentirsi” un albero, antico e maestoso, simbolo da sempre di vita e armonia.

Vrksasana, la posizione dell’albero, è un asana molto potente, che aiuta a riallineare tutti i chakra e a riconnettersi con la fonte di energia terrestre e cosmica. In particolare stimola il chakra della radice, Muladhara, aumentando il radicamento e la sicurezza in se stessi e nel proprio diritto a esistere; il chakra del cuore, Anahata, connesso alle emozioni superiori e all’Amore cosmico; il chakra della gola, Vishuddha, legato all’espressione dei talenti.

La posizione non presenta controindicazioni e apporta benefici tonificando l’apparato respiratorio, massaggiando lievemente il cuore, tonificando il sistema nervoso, aumentando la concentrazione e il senso dell’equilibrio, sviluppando la forza delle gambe e delle braccia.

Eseguita in un parco, in un bosco o vicino agli alberi è ancora più efficace.

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L’ASANA

In piedi, a gambe leggermente divaricate, percepire la stabilità del nostro corpo, prestando attenzione alle piante dei piedi e alla sensazione che scaturisce dal loro contatto con il suolo. I piedi sono il nostro ancoraggio e mantenere una posizione dritta e stabile, con i piedi ben piantati a terra e le spalle aperte ci aiuta a respirare meglio e a percepire a livello fisico la nostra autorità, influenzando il modo in cui ci rapportiamo al mondo e agli altri. Controllare che la postura sia corretta: le spalle aperte ma rilassate, il bacino leggermente ruotato in avanti così da non avere tensioni nella zona lombare, le ginocchia morbide ma non flesse. Chiudendo gli occhi, ascoltare la fierezza del proprio corpo, la sua apertura, la sua forza pacata che nasce dal contatto e dal radicamento nella Terra. Immaginare che radici invisibili escano dalle piante dei piedi e penetrino sinuose nella Terra, scambiando energia con lei e collegando il nostro corpo al suo corpo, indissolubilmente.

Accompagnare questa centratura con respiri ampi e profondi.

Dopo qualche minuto, riaprire gli occhi, unire i palmi delle mani davanti al petto nel gesto di preghiera e scaricare il peso del corpo sulla gamba sinistra, spostando il centro di equilibrio. Inspirando, sollevare piano la gamba destra, prima semplicemente appoggiandola alla caviglia sinistra poi, anche aiutandosi con la mano destra, facendo salire il piede fino al ginocchio sinistro e, se ci si riesce fino al perineo, facendo aderire la pianta destra all’interno coscia della gamba sinistra. Cercare di stare dritti il più possibile e di non compensare eventuali squilibri sbilanciando il bacino.

Lentamente, inspirando, sollevare le mani sopra la testa e portarle in alto, nel gesto di saluto al cielo, estendendo la spina dorsale e poi riabbassarle fino a che non si trovino sopra al capo. Spingere i palmi delle mani uno contro l’altro, per rafforzare la braccia. Mantenere le spalle rilassate.

Una volta entrati in posizione, contrarre i glutei e fissare un punto davanti a sé per mantenersi meglio in equilibrio. Immaginare radici che dalla pianta del piede sinistro sprofondano nella Terra e un filo di luce che dal Cielo si collega alla cima del nostro capo, sostenendoci. Immaginare di essere un albero, ancorato alla Terra e teso verso il Cielo. Immobile, tranquillo e sereno spettatore del mondo, canale energetico che collega il basso all’alto, respirando insieme al respiro del cosmo.

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Mantenere la posizione da una decina di respiri calmi a qualche minuto. All’inizio potrebbe risultare difficile mantenere l’equilibrio ma con la pratica sarà sempre più semplice.

Una volta usciti dalla posizione, prestare per qualche istante attenzione alla differente sensazione che ora si prova nelle due gambe. Come si sente la gamba sinistra?

Ripetere secondo le stesse modalità e con gli stessi tempi anche a destra.

OM. Shanti. Shanti. Shanti.

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Letture consigliate:

-Cella G., Il grande libro dello yoga, Rizzoli, Milano 2009

-Hageneder F., Lo spirito degli alberi, Crisalide, Latina 2001

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Posizione di tutto il corpo sostenuto (Salamba sarvangasana)

Quest’asana (posizione) è dedicata alla dea Sakini, una delle sei divinità tantriche che presiedono le funzioni corporali. Sakini è sempre rappresentata seduta su un  mucchio di ossa a indicare il controllo completo del corpo, fin nella sua parte più profonda e materica, le ossa appunto. Sakini presiede al quinto chakra, il chakra della gola (Vishuddha) ed è legata al culto della Luna e delle erbe. Il chakra Vishuddha è collegato alle funzioni della ghiandola tiroide, influenza la crescita del cervello e del corpo favorendo la forza delle ossa, nonché a quelle delle paratiroidi che regolano la distribuzione del calcio e del fosforo. Inoltre, è il chakra della comunicazione, della voce, dell’espressione dei talenti. Oltre a stimolare Vishuddha, quest’asana attiva anche il sesto chakra, Ajna, situato in mezzo alle sopracciglia e nella zona occipitale, e legato alla chiarezza mentale, alla comprensione profonda, all’intuizione e alla chiaroveggenza.

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Rappresentazione del V chakra

Questa posizione favorisce la circolazione sanguigna; tonifica le ghiandole della tiroide e le paratiroidee migliorando il funzionamento del metabolismo basale; è molto utile per gli asmatici, per prostata e utero prolassato; aiuta a prevenire le vene varicose e a curare le emorroidi; tonifica gli organi addominali; cura affanno e palpitazioni.

E’ controindicata in caso di ipertiroidismo; affezioni di naso, gola, occhi e orecchie; pressione arteriosa alta; tensioni cervicali e durante il periodo mestruale.

Sembra un’asana particolarmente complessa ma in realtà, essendoci le braccia a sorreggere il corpo, non lo è affatto. E’ anzi molto gradevole, una di quelle asana in cui si rimane volentieri a lungo, per sentire le gambe sempre più leggere e la spina dorsale libera da pesi e tensioni. E’ ideale da eseguire la sera, prima di coricarsi.

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L’ASANA

Sdraiarsi supini, a gambe unite, le braccia stese lungo il corpo. Collegarsi al proprio respiro e assumere consapevolezza di ogni parte del proprio corpo. Poi, inspirando, sollevare lentamente le gambe (possibilmente tese) e tutto il busto, premendo le mani e le braccia a terra. Quando il bacino si solleva piegare le braccia e sostenere il busto con le mani, iniziando un’espirazione lenta e profonda che finirà quando le gambe sono in alto, stese e unite; rilassare i piedi. Il mento poggia sullo sterno; la concentrazione va posta sulla respirazione diaframmatica. Mantenere l’asana da 5 a 20 respiri, aumentando gradualmente ogni giorno. Mentre si è nell’asana, fare attenzione a non muovere il collo. Per uscire dalla posizione, inspirare profondamente ed espirando lentamente riportare le gambe a terra e le braccia lungo il corpo, senza sollevare la testa dal suolo.

Se si incontrano difficoltà nel sollevare le gambe, si può ricorrere all’aiuto di una sedia o del muro.

Per evitare dolori alle vertebre cervicali, può essere comodo sistemare sotto al collo un asciugamano ripiegato, o un cuscino molto sottile, come nell’immagine qua sotto.

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OM. Shanti. Shanti. Shanti.

Letture consigliate:

-Gabriella Cella Al Chamali, Il grande libro dello yoga, Rizzoli, Milano 2009

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