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Pioppo: dissolvere la Paura e attraversare la Soglia

Nome: Populus tremula, Populus alba, Populus nigra L., famiglia delle Salicaceae
(Nota: al genere Pioppo appartengono circa 200 specie. In questa monografia tratteremo delle tre specie più diffuse in Italia).
Il nome generico latino Pōpulus, in passato venne associato a pŏpulus, “popolo”, ma in realtà si tratta di una paraetimologia, comune anche nell’antichità seppure infondata, in quanto il nome dell’albero presenta la prima vocale lunga, mentre pŏpulus quella breve. L’origine del nome rimane incerta, riuscendo ad arrivare soltanto al greco antico apellon, che indica il pioppo nero.

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Botanica:
I pioppi sono alberi slanciati, non molto alti (altezza massima 25-30 m) né particolarmente longevi, a crescita rapida e dalla chioma piuttosto irregolare dovuta alla presenza frequente di rami epicormici (cioè rami di più anni che si sviluppano sul fusto a partire da una gemma dormiente, in seguito a ferite, improvvise messe in luce o forti riduzioni laterali della chioma). Il loro areale di crescita si estende dal bacino del Mediterraneo fino alle steppe della Russia. Amano terreni sabbiosi, anche poveri di nutrienti ma ricchi di acqua, come piane alluvionali e margini di fiumi, dove le loro radici molto ramificate ma poco profonde si possono espandere senza incontrare troppi ostacoli e drenando i liquidi del terreno. L’alta percentuale di acido salicilico presente nella corteccia permette loro di resistere all’umidità, facendone tesoro.

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Populus nigra L., fiori maschili

Sono alberi pionieri, che crescono nella luce, in campi aperti o ai margini dei boschi. La loro corteccia grigio-argentea è liscia in giovane età, mentre col passare degli anni tende a desquamarsi, similmente a quella della Betulla. La parte superiore del tronco resta però sempre liscia.
I pioppi sono alberi dioici (in cui cioè i fiori maschili e quelli femminili crescono su esemplari diversi), e i fiori sbocciano sui rami prima della comparsa delle foglie, tra febbraio e aprile. I fiori maschili sono amenti penduli, con antere rosse, mentre quelli femminili ricordano nella forma le gemme, da cui spuntano stigmi rossi o giallo-verdi, a seconda della specie e, una volta impollinati dal vento, sviluppano amenti fruttiferi ricoperti da una peluria cotonosa che permette ai semi di volare (ed è causa di fastidi per i soggetti allergici…). I peli dei semi sono costituiti da cellulosa, come il cotone, solo che, con uno spessore di 0,008 mm sono quasi 4 volte più sottili di quest’ultimo.

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Le foglie dei pioppi hanno lunghi piccioli e forme irregolari: il pioppo nero presenta foglie verde scuro dalla forma a cuore, finemente seghettata; il pioppo bianco ha foglie crenate o dentate, bianco-argentee sulla superficie inferiore, di forma e dimensione diverse anche sullo stesso esemplare; il pioppo tremulo ha foglie tondeggianti, verde chiaro, con denti ondulati, caratterizzate da un picciolo appiattito e particolarmente lungo (può raggiungere i 4 cm). E’ proprio la lunghezza del picciolo a permettere alle foglie dei pioppi di tremare (da qui l’epiteto specifico tremula) anche quando sembra non ci sia vento. Il loro movimento pressoché continuo aumenta la capacità di traspirazione della chioma, permettendo a questi alberi di far evaporare grandi quantità di acqua, drenando il suolo.

Fitoterapia:
La corteccia del pioppo, ricca in populina, salicina e sesquiterpeni, ha proprietà febbrifughe e sapore amaro. Si può assumere in decotti o sotto forma di polvere.
Le gemme, aromatiche e appiccicose, hanno invece un odore balsamico, un sapore caratteristico e contengono i glucosidi salicina, populina e crisina,  che durante la preparazione si scindono per idrolisi (la salicina per esempio si sdoppia in saligenina e glucosio); contengono inoltre derivati flavonici, gomma, resina, tannini e acido gallico. Le gemme anno proprietà balsamiche, anticatarrali, vasocostrittive, antisettiche e uricolitiche.

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Populus nigra L., gemma

In particolare, il gemmoderivato Populus nigra M.G. 1DH ha azione antitrombofilica, antispasmodica e antinfiammatoria, ed è consigliato anche negli stati infettivi a carico delle vie respiratorie per la sua azione spasmolitica e fluidificante. Le gemme entrano nella composizione del noto “Unguento populeo”, sedativo dei processi infiammatori articolari e antiemorroidario.
Una tisana di foglie di pioppo può inoltre aiutare a curare incontinenza e prostatite.

Reni e polmoni quindi gli organi per cui le parti del pioppo utilizzate in fitoterapia mostrano tropismo, e se consideriamo che, in erboristeria alchimia, le vie respiratorie sono governate da Mercurio e i reni da Venere, notiamo la corrispondenza fra le sue proprietà e due dei pianeti a cui è connesso più da vicino.

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Populus tremula L., foglia

In floriterapia, il rimedio preparato a partire dai fiori di Populus tremula (Aspen) è legato al potenziale spirituale della sensibilità ed è indicato come sostegno per i soggetti che sembrano avere “una pelle di meno” e presentano angosce, cupi presentimenti, paure inspiegabili e ipersensibilità verso stimoli provenienti sia dall’ambiente esterno che da quello interno. Aspen permette a queste “antenne” umane, che sembrano possedere una capacità superiore di captare segnali provenienti dall’inconscio collettivo o da altre dimensioni, di modulare le loro percezioni e sentirsi protetti. Tramite l’aiuto di Aspen, si passa dalla paura al coraggio, abbandonando il terrore di dissolversi nell’oscurità del nulla e lasciandosi percorrere dalle correnti che increspano l’inconscio senza che queste ci portino via.

Mitologia e storia:
Nell’alfabeto arboreo il nome del Pioppo è Eadha, e presso i Celti quest’albero era tenuto in grande considerazione per le sua capacità di proteggere, di schermare dalle energie nemiche, e il suo legno veniva infatti utilizzato per la costruzione degli scudi, pur non essendo di certo, da un punto di vista puramente meccanico, il legno più duro e resistente.
Per i Celti il Pioppo è inoltre l’albero che simboleggia l’equinozio d’autunno, forse per il meraviglioso colore dorato che le sue foglie assumono in questa stagione o forse, probabilmente, per la sua simbologia legata alle soglie fra i mondi.

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Per i Greci il Pioppo nero era sacro a Persefone e ad Ecate, l’aspetto oscuro della Luna, e considerato albero funerario piantato nei luoghi di sepoltura. Con ogni probabilità questa tradizione derivava da un culto antichissimo della Madre Terra. In epoca storica, in Acaia, a Egira (toponimo che significa “il luogo dei neri pioppi”), era ancora presente un bosco sacro dove si adorava la dea e si consultava un oracolo, forse ascoltando il suono delle chiome. Le sacerdotesse di Gea bevevano sangue di toro, considerato veleno per tutti gli altri mortali.

Ulisse, durante il suo viaggio nell’Oltretomba, s’imbatte nei pioppi neri (aigheroi) del bosco di Persefone che, insieme con i salici “che perdono i frutti”, segna la soglia che divide i morti dai vivi.

Ma, come rileva Alfredo Cattabiani in Florario (p.189), “il simbolismo del nero è una riduzione di quello originario, come dimostra lo stesso collegamento alla Grande Madre la quale (…) non è soltanto colei che toglie la vita ma anche colei che la dona: utero cosmico che perennemente genera e accoglie in sé gli esseri nel ciclo vita-morte-vita.”

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Pur non essendo direttamente governato dalla Luna, il Pioppo mostra tuttavia forti tratti lunari nella sua relazione con le acque e nel suo presentarsi in tre aspetti che richiamano le fasi del corpo celeste: il Pioppo tremulo nel suo portamento ci ricorda la Vergine, il Pioppo bianco, con la sua chioma fluente e le foglie larghe, è la Madre, mentre il Pioppo nero rappresenta la fase oscura della Strega.

Più vado avanti con la mia ricerca sugli alberi, più mi rendo conto come queste creature non presentino, generalmente, caratteri solo maschili o femminili, ma archetipi misti, fondendo in sé i due poli dell’Energia e mostrando caratteristiche di entrambi i generi. Non mi riferisco alla sessualità biologica degli alberi (che possono essere monoici e dioici, e quindi ermafroditi oppure maschili o femminili), ma all’influenza archetipica espressa dal loro fenotipo. In pratica, raramente riconosco un albero come marcatamente maschile o femminile. Di solito sento entrambe le energie che danzano e si manifestano attraverso diverse caratteristiche nella stessa pianta. Come se gli alberi avessero già compreso che non esiste una reale divisione fra generi, e come questi si possano mescolare l’uno all’altro in forme di immensa bellezza e armonia.

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A proposito del bianco e del nero delle foglie del Pioppo, nel suo libro Il serto di Iside (vol. II, p.130) Angelo Angelini nota: “Sappiamo come il nero e il bianco siano colori limbici, sepolti nella parte filogenetica più antica del nostro cervello, e come essi corrispondano al risveglio dell’epifisi.”

Angelini attribuisce al Pioppo una funzionalità primaria Saturnina e una doppia funzionalità secondaria venusiana e mercuriana, collegandolo all’aldilà, alla fase di contrazione, irrigidimento e morte; ma anche alla funzione percettivo/comunicativa del Sé (Mercurio) e a quella che permette al Sé di entrare in relazione con gli altri tramite l’affetto, il contatto, la creatività (Venere e le acque del secondo chakra).

Un altro mito greco che ci parla del Pioppo racconta la storia di Fetonte, figlio del Sole, che ruba al padre il carro e pretende di guidarlo per le vie dei cieli. Ma poiché Fetonte, che si è appena scoperto figlio di Elio, è costretto molto presto a fare i conti con la propria superbia: non possedendo egli infatti le capacità dell’auriga, i cavalli non gli ubbidiscono e iniziano a imbizzarrirsi e ad andare per conto loro. Per cui prima il carro si avvicina troppo dalla Terra, rischiando di bruciare ogni cosa, poi invece se ne allontana eccessivamente, rendendo il mondo un luogo freddo e inospitale e andando e scottare le divinità dello Zodiaco, che se ne lamentano con Zeus, loro sovrano, il quale, indignato per la condotta di Fetonte e preoccupato per la salute dei mortali, scaglia un fulmine che fa precipitare il giovane nell’Eridano (il nostro Po).

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Sebastiano Ricci, Caduta di Fetonte (particolare), 1703-1704

Fetonte muore così tra le onde del fiume mentre le sue tre sorelle, inginocchiate lungo le sponde, lo piangono inconsolabili versando copiose lacrime lucenti. Il dolore delle tre donne commuove Zeus, che le tre Eliadi (ovvero “figlie di Elio”) in altrettanti alberi snelli e tremuli, i pioppi appunto, che continuano a stillare lacrime, in forma di resina. Secondo il mito, così ebbe anche origine l’ambra. Anticamente infatti si riteneva che l’ambra fosse resina di pioppo.

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Michelangelo, La caduta di Fetonte (particolare: le Eliadi)

In un altro mito ancora si narra che, quando Eracle dovette scendere agli inferi, si pose sul capo come protezione una corona di foglie di Pioppo, la cui parte esterne venne scurita dalle fiamme mentre quella interna, a contatto con il sudore dell’eroe e con la sua lucentezza, divenne bianca. Così si spiegava l’origine del colore del fogliame di Populus alba.

Corone d’oro rappresentanti foglie di Pioppo sono state anche rinvenute in sepolture mesopotamiche risalenti al 3000 a.C., e testimoniano che già all’epoca quest’albero era considerato una protezione per i viaggi nell’aldilà.

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Ancora il fuoco torna nell’uso del legno di pioppo come materia prima per i fiammiferi.

Infine, ricordiamo come presso i Lakota Sioux il Pioppo, chiamato wagachun, simboleggiasse l’Asse del Mondo in un rito chiamato la Danza del Sole, che l’uomo-medicina Alce Nero descrisse allo studioso John Epes Brown (e che questi riportò nel suo libro The sacred pipe, pubblicato nel 1947 e  frutto delle conversazioni con Alce Nero, che voleva testimoiniare le tradizioni del suo popolo prima che questo scomparisse).
Nel rito, un pioppo tagliato ritualmente nel bosco veniva eretto al centro della capanna della Danza del Sole a unire il Cielo e la Terra, centro dell’universo.
Alce Nero dice: “Credo che sarebbe opportuno che ora spiegassi perché consideriamo il Pioppo tanto sacro. Prima di tutto potrei dire che, molto tempo fa, fu il Pioppo a insegnarci a costruire il tepee e noi lo apprendemmo il giorno in cui certi nostri vecchi osservarono alcuni bambini che costruivano casette con queste foglie. (…) Un’altra ragione per cui decidemmo di piantare il Pioppo al centro della capanna è che il Grande Spirito ci ha mostrato che, se si taglia uno dei rami superiori di quest’albero, sulla sezione del fusto si vede disegnata una perfetta stella a cinque punte, che per noi rappresenta la presenza del Grande Spirito. Poi avrai notato che la voce del Pioppo è udibile anche con la brezza più leggera: noi crediamo che quello sia il suo  modo di pregare il Grande Spirito, poiché non soltanto gli uomini ma tutti gli esseri viventi lo pregano continuamente in modi diversi.”

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L’energia del Pioppo:
Tutti gli alberi sono soglie, portali energetici e guardiani di altre dimensioni. Ma il Pioppo lo è in modo speciale. Per me, a livello personale, è anche un albero molto importante perché ha costituito proprio la “porta d’entrata” in un altro mondo: è stato con il rimedio floreale ottenuto dai suoi fiori (Aspen) che ha avuto inizio il mio viaggio nel mondo spirituale e fisico (che poi è la stessa cosa, cos’è infatti l’universo se non il  corpo del Sé?) della Natura. Grazie al Pioppo ho iniziato a conoscere una parte di me di cui percepivo da sempre l’esistenza ma di cui nessuno ancora mi aveva mai parlato, avventurandomi attraverso i sentieri che si snodano intorno e dentro di noi, che per me sono rivestiti di piante che parlano. Steiner diceva che le piante profumano come i pianeti, e che i fiori sono in realtà nasi, che annusano il mondo in tutta la sua densità. Percezione e comunicazione, due facce di una sola facoltà, che ci permette di scambiare informazioni con il resto del cosmo così come ogni cellula del nostro corpo, lontana dell’essere una monade isolata, comunica e percepisce continuamente i messaggi delle altre.

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Il Pioppo ci insegna a non avere paura. Ci insegna come basti soltanto un piccolo “clic” per trasformare la paura in coraggio immenso. Egli infatti non trema di paura, ma di emozione, trema perché si lascia percorrere senza sosta dall’energia che lo circonda e lo pervade. Si allunga verso il cielo e lo collega alla Terra tramite una danza incessante e un incessante scorrere in lui delle acque (è l’acqua è simbolo dell’inconscio e della creazione). Il suo mormorio senza sosta è la sua melodia, perché il Pioppo è uno strumento musicale suonato dal vento e dalle correnti dell’etere.
Con la sua sensibilità coraggiosa ci mostra come la forza risieda nell’apertura, nella flessibilità e nella comunicazione.

Il Pioppo ci mostra anche che, una volta abbandonata ogni resistenza, ciò che accade non è la fine del mondo, ma il passaggio in un mondo più ampio, che include quello di prima ma ne supera i confini. Ci insegna a lasciar cade ogni resistenza, divenendo puri canali entro cui l’energia fluisce. Con il suo esempio luminoso dimostra come sia possibile, grazie alla centratura e alla chiarezza delle intenzioni, permettere al proprio Io di dissolversi nel Sé, percependo il movimento del cosmo, divenendo cosmo noi stessi. Grazie alla sua protezione, possiamo provare a integrare le percezioni extrasensoriali che tutti abbiamo e che prima ci terrorizzavano (paure, sogni, presentimenti, intuizioni), trasformando l’angoscia in danza, lasciando fluire l’energia anziché tentare di bloccarla, tenendoci aggrappati al nostro piccolo Io.

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Tramite la danza dello spirito, tramite la fiducia che è la base del coraggio, possiamo divenire paesaggio e collegarci a un universo infinitamente più grande, in cui non esiste paura, perché la paura è legata all’Io, che si sente piccolo e minacciato, ma se noi proviamo a dissolvere i nostri confini e a confonderci con il Tutto, la paura svanisce istantaneamente e al suo posto si apre un’immensa leggerezza luminosa. Dove sembra che ci sia il buio più profondo, proprio lì dentro si trova la sorgente della Luce. Ma per affrontare il buio bisogna prima sentirsi protetti, forti e sicuri. Per perdersi, paradossalmente (e la verità risiede sempre nei paradossi, o almeno in quelli che alla mente razionale appaiono come tali), occorre sapere esattamente dove si vuole andare. E soltanto perdendosi si raggiungerà la meta.

Oltre la ragione, oltre i confini della personalità, oltre la paura, là il Pioppo innalza la sua chioma rilucente e freme tutto, ondeggia salutandoci dall’orizzonte e il suo canto somiglia tanto a una risata. Una risata di quelle che escono dal cuore, una risata di sollievo, come quelle che scoppiano quando un grosso peso ci cade dalle spalle e l’energia che prima era bloccata nella contrazione dell’angoscia viene lasciata andare, esplodendo nell’aria in miliardi di scintille di luce. E questo è solo il primo passo attraverso la Soglia, l’inizio di un viaggio completamente diverso.

E poi ancora un’altra lezione ci insegna il Pioppo, ovvero che a volte ciò che pensiamo di primo acchito davanti a un fatto non è l’interpretazione più corretta, ma una proiezione di ciò che abbiamo dentro che deforma il significato del segno… Il Pioppo trema, sì, ma il suo tremare non è segno di paura, come inizialmente molti di noi sarebbero portati a credere. Il Pioppo trema perché ha la forza di aprirsi al cosmo e di lasciarsi percorrere tutto. Cioè, in un certo senso, trema di coraggio!

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Claude Monet, Sotto i pioppi, effetto di sole, 1887

Bibliografia:
-Adams M., The Wisdom of Trees, Head of Zeus Ltd, London 2014
-Angelini A., Il serto di Iside, Vol. I e II, Kemi, Milano 2008
-Brosse J., Mitologia degli alberi, Rizzoli, Milano1991
-Brown J.E., The Sacred Pipe, Penguin Books, London 1947 (pdf reperibile su internet)
-Campanini E., Manuale pratico di gemmoterapia,  Tecniche Nuove, Milano 2005
-Cattabiani A., Florario, Mondadori, Milano 2013
-Gobel T., La configurazione dello spazio nel mondo degli alberi e dell’uomo, Editrice Antroposofica, Milano 2011
-Graves R., La Dea Bianca, Adelphi, Milano 2001
-Graves R., I miti greci, Longanesi, Milano 1992
-Hageneder F., Lo spirito degli alberi, Crisalide, Latina 2001
-Hidalgo S., The healing power of Trees, Llewellyn Publications, Woodbury 2014
-Juniun M.M., Alchimia verde, Edizioni Mediterranee, Roma 2005
-Motti R., Botanica sistematica e forestale, Liguori Editore 2010
-Paterson J.M., Tree Wisdom, Thorsons, London 1996
-Pomini L., Erboristeria italiana, Edizioni Vitalità, Torino 1973

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Ambra, la pietra solare della Grande Madre

L’Ambra non è un minerale, ma una resina fossile. Il reperto di Ambra più antico risale al tardo Carbonifero (320 milioni di anni fa), ma i reperti più abbondanti appartengono a un periodo di circa 123-135 milioni di anni fa, al periodo Cretaceo.

A quell’epoca il Nord Europa era ricoperto da immense foreste di conifere appartenenti a una specie ora estinta (Pinites succinifer o Pinus succinifera), i cui tronchi essudavano una resina terpenica non molto diversa da quella prodotta oggi da pini e abeti. Quando le foreste vennero ricoperte dal mare, la resina finì sul fondale e venne sepolta da strati di sabbia e detriti che si trasformarono in rocce sedimentarie al cui interno, grazie al calore e alla pressione, la resina solidificò, incontrando le condizioni adatte per conservarsi fino ai giorni nostri.

Un tempo, i popoli baltici raccoglievano l’Ambra lungo le rive del mare. Durante le mareggiate, ciottoli di Ambra grezza venivano staccati dalle rocce che li includevano e sospinti fino al bagnasciuga. Le popolazioni indigene che la raccoglievano la utilizzavano come combustibile, come incenso o come ornamento, oppure vi scolpivano talismani e figure di animali magici o genitali, utilizzati per propiziare la fertilità. L’Ambra è la pietra preziosa più antica: già nel Paleolitico veniva impiegata in rituali o come gioiello: collane d’ambra e talismani sono stati rinvenuti in numerose tombe preistoriche in tutta Europa e nel Mediterraneo.

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Grazie agli scambi con i mercanti infatti, lungo quella che prese appunto il nome di Via dell’Ambra, questa pietra raggiungeva luoghi anche molto lontani, come il Medio Oriente o l’Egitto, e il suo mistero affascinava tutte le culture con cui giungeva in contatto: la sua luce, il fatto che a volte portava incastonati insetti o piccoli rettili o fiori, e la sua capacità di elettrizzarsi se strofinata con lana o seta.

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Il termine con cui la chiamavano i Greci era infatti elektron, da cui proviene l’italiano elettricità. Il termine Ambra invece viene dal suo nome arabo: anbar.

Plinio il Vecchio, nel II sec. d.C.,  già supponeva si trattasse di un prodotto di origine vegetale, infatti si riferisce all’Ambra con il termine succinus, ovvero succo di alberi. Aveva notato infatti che l’Ambra, se bruciata, produce un odore simile a quello delle altre resine. Ma oltre a questa numerose teorie erano state formulate in merito alla sua formazione, tra cui quella di Nicia, molto suggestiva, che supponeva si trattasse di raggi di sole al tramonto solidificati.

Pytheas di Marsiglia, nel IV secolo a.C., fu forse il primo Greco a visitare le terre del Nord e a descriverle nel suo libro, Sull’Oceano, andato perduto e giunto a noi solo sotto forma di frammenti citati da altri autori, tra cui lo stesso Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. Pytheas, commerciate marsigliese, comprò una nave con la quale compì il periplo delle coste d’Europa, dal sud della Francia fino ai Paesi Baltici, dove scoprì la terra quella che lui chiama l’isola di Abalo (ancora non esattamente individuata, forse identificabile con l’Heligoland o la penisola di Samland), luogo d’origine dell’Ambra.

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Secondo alcune leggende proveniva dall’India, secondo altre dall’Africa, secondo altre ancora da certe isole chiamate Elettridi situate alla foce del Po. Il mistero sulle origini di questa pietra era alimentato probabilmente anche dai mercanti, che preferivano tenere nascosta l’esatta provenienza di una delle loro merci più preziose, che gli indigeni vendevano per pochissimo e che nel Mediterraneo era invece acquistata come bene di lusso.

Un mito greco narra che quando Zeus colpì Fetonte, figlio di Apollo, con un fulmine, per fermare la sua pazza corsa attraverso il cielo a bordo del carro del Sole (aveva già bruciato un pezzo di cielo, formando la Via Lattea, e un pezzo di terra, trasformando la Libia in deserto), il giovane cadde morto sulle rive del fiume Eridano (il Po) e le sue sorelle, le Eliadi, lo piansero con così tante lacrime che Zeus, impietosito, le trasformò in Pioppi, e le loro lacrime in grani d’Ambra.

Nei Paesi Baltici invece le origine dell’Ambra vengono fatte risalire a quando Juraté, regina del mare, si innamorò di Kastytis, un pescatore. Il padre della dea, geloso, punì l’amore della figlia distruggendo il suo palazzo di Ambra e trasformando lei stessa in schiuma di mare. I pezzi del palazzo di Juraté, sotto forma di grani, si sparpagliarono per il mare, e a volte raggiungevano le sue rive…

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Nonostante un tempo l’Ambra si raccogliesse come conchiglie lungo la riva del mare, oggi per procurarla è quasi sempre necessario effettuare delle trivellazioni, che vanno a recuperare l’Ambra ancora incastonata nei fondali marini. Un metodo sicuramente meno romantico, e molto più violento, che risveglia questo fossile dal suo lungo sonno senza attendere che la Natura lo consegni spontaneamente alle rive del mare…

Altre varietà di Ambra, oltre all’Ambra baltica (la più famosa e diffusa) sono quella dominicana e quella messicane (risalenti a epoche più recenti – circa 40 milioni di anni fa) e la simetite, estratta in Sicilia e risalente al Miocene.

La natura dell’Ambra in quanto pietra è molto particolare. Trattandosi di un fossile di origine vegetale, le sue vibrazioni sono più simili a quelle del mondo organico rispetto a quelle di altre pietre. Inoltre, la sua genesi e la sua storia la collegano intimamente all’Akasha, quel tessuto di informazioni vibrazionali in cui ogni evento accaduto rimane registrato. L’Ambra non proviene dalle viscere della Terra, come i minerali, ma è nata sulla superficie del pianeta, come noi, ed è stata parte di un albero, ne è stata il pianto. Milioni di anni fa ha iniziato il suo lungo viaggio, durante il quale è sprofondata sui fondali marini per trasmutarsi in pietra preziosa. Gli antichi reputavano l’Ambra un essere vivente, e in effetti essa lo è, è viva (come del resto lo è ogni pietra, viva, anche se di una vita molto lontana dal nostro tempo, una vita lentissima per noi, di contemplazione profonda), è viva e carica di memorie della Terra. Nelle sue cellule sono rimaste impresse le vibrazioni energetiche di milioni di anni di trasformazioni, nella sua trama sono intessute le memorie dei boschi primordiali, del mare e anche del Fuoco, perché essendo resina, è legata all’elemento Fuoco e al calore che le conifere distillano e sprigionano grazie al loro metabolismo interno.

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E’ perciò una pietra, se per praticità così vogliamo chiamarla, molto interessante: il suo patrimonio di memorie le conferisce una saggezza profonda, che attraversa le epoche. La sua vibrazione a contatto con l’aura umana è diversa da quella delle altre pietre: è meno precisa, il suo raggio meno “chirurgico” nell’azione, il suo effetto più rotondo, dolce, simile a quello dei vegetali per l’appunto.

L’Ambra è una pietra di Terra e di Sole, legata al culto della Grande Madre nella sua forma di Signora del Mare. Nell’Ambra gli elementi danzano insieme e si tengono abbracciati: la Terra, il Fuoco, l’Etere (Akasha), l’Acqua e anche l’Aria, contenuta nei grani sotto forma di bollicine di eterno presente. La sua sacralità veniva riconosciuta già nella preistoria, quando già la si utilizzava in rituali magici legati alla fertilità e al culto della Dea, di cui l’Ambra rappresentava il volto solare.

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Anche questo aspetto la rende speciale: il Sole è generalmente associato al principio maschile, mentre l’Ambra ci mostra la forza e l’autorità solare in tutta la loro femminilità, superando la dualità nella fusione degli opposti.

L’Ambra è una pietra di grande protezione, che sostiene i processi di guarigione e di riequilibrio energetico, ispirando saggezza e centratura. E’ una pietra di terzo chakra (Manipura), come mostra il suo colore giallo, ma anche in questo è particolare: l’Ambra infatti stimola le qualità più femminili legate al terzo chakra, le sue qualità più interiori: utilizzata come gioiello o nella meditazione ci aiuta a trovare il nostro centro, il nostro equilibrio interiore, l’autostima e la fiducia in noi stessi, sviluppando il lato femminile dell’autorità e della forza.

L’Ambra ci dice che soltanto da un cuore aperto e da un sole interiore che vibra ad elevata frequenza possono nascere azioni efficaci e scelte giuste. La tenacia, la determinazione, la perseveranza, la forza (tutte qualità del terzo chakra) si disperdono se alla loro origine non hanno un sole splendente, un palazzo dorato, un grande lago calmo le cui acque sono continuamente alimentate da una sorgente di luce interiore.

L’Ambra inoltre stimola anche il secondo chakra, Svadhisthana, legato all’energia creativa e alla fertilità, non solo biologica) e il quarto chakra, Anahata, il chakra del Cuore, connesso all’Amore per se stessi e per gli altri. Indossare una collana di grani d’Ambra (facendo attenzione che si tratti di Ambra naturale  e non di una delle numerose contraffazioni in commercio o addirittura di un falso in plastica o vetro) stimola tutti e tre i chakra, donandoci fiducia in noi stessi, apertura di cuore e stimolando la nostra creatività. La sua azione è più delicata e necessita di più tempo rispetto a quella di altri cristalli, ma la sua dolce luce penetra in profondità nella nostre cellule, sostenendoci anche nei periodi più oscuri.

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Un uso molto specifico di questa pietra è legato al suo potenziale akashico. L’Ambra è una pietra della memoria, e come tale può essere d’aiuto durante le meditazioni volte a far emergere dal mare del nostro inconscio ricordi sepolti, antichi, risalenti forse ad altre vite. Con la sua luce interiore e il suo calore, l’Ambra ci protegge e ci permette di contemplare questi grani di memoria inondandoli di sole e donando loro un senso nel contesto della nostra vita. Questo è però un uso molto avanzato e delicato dell’Ambra, un uso sacro, un dono offerto a chi è pronto per esplorare la sua connessione con l’Akasha ed espandere la consapevolezza del Sé.

L’Ambra è la pietra della Dea, un gioiello da Regine. Le donne la possono indossare per risvegliare la Dea dentro di sé, e gli uomini per dare più spazio al proprio lato femminile, per renderlo più fiero, più robusto.

Rudolph Steiner consigliava di far indossare collanine d’ambra anche ai bambini durante la dentizione, in quanto riteneva che questa pietra facilitasse il processo. In effetti, l’Ambra è portatrice di energia solare e protettrice di tutti i processi di crescita.

Secondo alcuni testi del Buddhismo Mahayana, l’Ambra è la pietra preziosa associata simbolicamente al quarto dei Sette Gioielli (sette virtù), e cioè a spathika, il gioiello dell’altruismo (che secondo altri testi è invece simboleggiato da perle o dal cristallo).

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La Visione dell’Ambra:

L’Ambra parla con voce di miele. E’ la voce della Dea Madre, Iemanjà, che abita il Mare. I suoi capelli sono schiuma dorata dai raggi del Sole, il suo corpo sono le Acque, sull’orlo delle sue vesti si stendono immense Foreste verde scuro.

Figlia alchemica del Mare e degli Alberi, io porto il Sole dentro di me. Porto i segreti degli insetti, la memoria di boschi sommersi, la musica di millenni di onde. Sono lacrime di Luce, grani d’Estate, il mio calore è un calore antichissimo, generato da un Fuoco nato milioni di anni fa e mai estinto. Il Fuoco non si spegne, ma si trasforma di continuo. Io ne sono la prova vivente. Io vivo nel contatto profondo, con me ritornano le memorie del Mondo custodite dal Mare dell’Inconscio.

Sono essenza di Bosco solidificata e la mia Luce ti collega all’infinito Akasha, dove puoi ritrovare la tua connessione all’Uno. Esisto grazie al tempo, proprio come te, ma il tempo non mi imprigiona. E’ solo un modo di essere, un ponte verso il Sé. Oltre il tempo, io sono ancora resina di alberi in foreste lussureggianti, sono ancora calore di fuoco, sono ancora ciottolo nel mare profondo che protegge la mia cottura lunghissima, la mia trasmutazione. Sono ancora zanzara e felce, sono bolla d’aria, sono schiuma di mare e sabbia, sono corteccia, ago di pino, balsamo, fumo d’incenso, sono talismano, sono raggio di Sole, moneta di scambio, monile divino, lacrime di donne albero, scaglie di un palazzo sottomarino. Sono tutte queste cose e molte altre ancora. Non c’è limite al mio essere, sono tutto contemporaneamente e reco in me la memoria delle Stelle. Nel mio corpo sono registrate vibrazioni marine, terrestri e cosmiche di milioni di anni, eppure sono leggera, quasi trasparente, tiepida. Puoi portarmi con te e quando mi guardi ricordare le ere che contengo. Io ti faccio dono di me, adagiandomi sulla riva del Mare, perché tu possa apprendere la mia saggezza e viaggiare insieme a me oltre il Tempo, nell’Akasha. Figlia alchemica del Mare e degli Alberi, sono il tuo gioiello. Vestimi e diventa la Dea che già sei.

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Parole chiave: protezione, guarigione, fiducia in se stessi, Grande Madre, memoria akashica

Colore: giallo oro con sfumature arancio, marroni o verdi

Chakra stimolati: II, III, IV

Per approfondire:

-M.Gienger, L’arte di curare con le pietre, ed. Crisalide, Spigno Saturnia, 1997

-K.Raphaell, La luce dei cristalli, ed. Verdechiaro, Baiso, 2012

Stony beach of Baltic Sea

Yarrow, il fiore della Protezione

Quando si assume l’essenza floreale di Yarrow, ci si sente come circondati da un campo energetico splendente, che ci protegge come un uovo. E’ il nostro campo aurico, rinforzato da questa preziosa essenza che aumenta le nostre vibrazioni.

Yarrow è l’essenza del fiore dell’Achillea ed è presente sia nel repertorio californiano che in quello alaskano. Nel californiano, si ottiene dai fiori di Achillea millefolium (per informazioni riguardo a questa meravigliosa pianta, vedere qui: https://nelboscodelladea.com/2015/08/01/achillea-quando-mercurio-incontra-la-luna/) mentre nel repertorio alaskano da quelli di Achillea borealis, una variante nordica della stessa pianta. Gli effetti, comunque, sono gli stessi, dato che l’energia vibratoria è molto simile (così come le pinete stesse: A. borealis è solo un po’ più piccola e resistente al freddo).

Yarrow, in maniera affine a quella del fiore da cui nasce, è un’essenza che lavora sull’energia vitale, sulla resistenza, sulla volontà di vivere e sulla protezione del campo aurico.

E’ ottima in tutti i casi in cui c’è debolezza, ipersensibilità all’ambiente e alle energie altrui, oppure nei casi in cui si è a contatto con persone o luoghi con energie invadenti, perturbanti o negative.

Yarrow ci circonda come un uovo con la sua vibrazione di luce. Aumenta la nostra frequenza rendendoci forti, compatti, integri, inscalfibili come diamanti.

Un altro effetto di Yarrow è quello di riuscire ad armonizzare le frequenze disarmoniche. Per questo non attrae nessuna energia negativa ma aumenta l’energia dell’ambiente in cui si trova (e questo  vale sia per la pianta che per l’essenza).

E’ quindi uno splendido dono di protezione e di evoluzione. Yarrow ci permette di sentirci protetti dalle influenza esterne ma allo stesso tempo più forti, luminosi, e ci mostra come trasmutare l’energia che ci circonda tramite le nostre vibrazioni.

Un fiore evolutissimo, molto potente, fondamentale per chiunque stia seguendo un percorso di crescita spirituale, per chi è in contatto con energie pericolose (fisiche o eteriche), per chi vive in ambienti inquinati da un qualunque punto di vista, per gli ipersensibili.

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Nel repertorio californiano troviamo inoltre anche Pink Yarrow, l’essenza ottenuta dai fiori di Achillea rosa, e Golden Yarrow, che si ottiene dai fiori di Achillea gialli. Entrambe le essenze mantengono lo stesso carattere di protezione, ma con sfumature differenti.

Pink Yarrow infatti si caratterizza come l’essenza perfetta per i bambini o per chi fatica a difendersi dalle energie esterne soprattutto sul piano emotivo. E’ un’essenza molto dolce e delicata, che lavora soprattutto sul piano delle emozioni.

Golden Yarrow invece è legata la colore giallo, che rimanda al terzo chakra ma anche all’intelletto, all’area del mentale. E’ infatti l’essenza d’elezione per coloro che, pur dotati di grande talento e intelligenza, a causa dello loro acuta sensibilità rifuggono situazioni pubbliche o il contatto con la gente, per timore di sentirsi invasi o destabilizzati. Possono essere artisti o intellettuali o persone che trascorrono molto tempo nel loro mondo interiore e vengono indeboliti quasi subito quando si connettono elle energie che imperversano nel mondo “al di fuori”. Golden Yarrow aiuta queste persone a creasi una forza e una luce radicate e inviolabili al proprio interno, che lo proteggono e al tempo stesso incoraggiano la sua espressione nobile e delicata e la manifestazione del proprio pensiero.

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Infine, nel repertorio californiano si trova anche YES (Yarrow Environmental Formula o Yarrow Special Formula), un’essenza combinata di grandissimo impatto. YES venne formulata dai fondatori del repertorio californiano Patricia Kaminski e Richard Katz in occasione del disastro di Chernobyl, che causò conseguenze terribili sulla salute degli abitanti delle zone limitrofe alla tragedia. L’aria, l’etere e l’ambiente erano terribilmente contaminati, invivibili, e coloro che per mancanza di mezzi non potevano andarsene ma doveva restare in quelle zone, erano sottoposti ad una contaminazione continua, che avrebbe avuto conseguenze disastrose per la loro salute.

Preoccupati per la salute di quelle persone e soprattutto dei bambini, Katz e Kaminski proprio in quei giorni scoprirono YES: la formula contiene tutte le Yarrow, in combinazione con l’essenza floreale di Arnica e di Echinacea, in una base di acqua marina e unite alle tinture madri delle stesse piante.

Si tratta di una formula potentissima, di protezione, di riparazione dai traumi e di ricostruzione dell’io frantumato. Un’essenza che unisce in sé l’energia di alcuni fra i fiori più potenti del mondo, unitamente alle loro parti più “fisiche” (nella tintura madre) e alla forza purificatrice del sale.

YES ci protegge dall’inquinamento ambientale di tutti i tipi e al tempo stesso ci disintossica. Abbiamo bisogno di YES se ci troviamo in un ambiente fortemente contaminato, sul piano fisico e su quello eterico, che mette a repentaglio la nostra integrità e la nostra salute. YES ci protegge da onde elettromagnetiche in ambienti lavorativi affollati di terminali e di apparecchiature tecnologiche, ci protegge dalle scorie di qualunque tipo di agente inquinante, aumenta la vibrazione dei tessuti del nostro corpo, schermandolo dalle peggiori malattie.

Insomma, si tratta di un’essenza combinata di grande attualità, uno strumento importante per proteggerci dalle forme di inquinamento più massive e grossolane, così come da quelle più sottili ma comunque di grande impatto.

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Messaggio: “Io sono la fonte della mia protezione. Attraggo solamente quelle energie che sono in armonia con l mio bene più alto.” (Da L’Essenza della Guarigione di S. Johnson)

Indicazioni: ipersensibilità all’ambiente; tendenza ad assorbire l’energia altrui; incapacità di trovare al proprio interno la fonte dell’energia e della sicurezza; bisogno di protezione; sensazione di essere invaso, contaminato, prevaricato; se l’integrità dell’aura è stata compromessa da una ferita o da un trauma durante questa o un’altra vita.

Parole chiave: protezione, scudo di luce, connessione, forza, energia vitale

Chakra attivati: tutti, ma soprattutto il primo, il chakra della radice, Muladhara.

Per approfondire:

-S.Johnson, L’Essenza della Guarigione, Bruno Galeazzi Editore, Bassano del Grappa 2004

–P.Kaminski, R.Katz, Repertorio delle essenze floreali, ed. Natur, Verona, 2009

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