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Faggio: Bastare a Se stessi e Proteggere il proprio Spazio

Nome: Fagus sylvatica L., famiglia della Fagaceae

L’etimologia del nome deriva probabilmente dal greco phagein, che significa “mangiare”, in quanto il Faggio, così come la Quercia e la castagna, appartenenti alla stessa famiglia, fu in passato fonte importantissima di cibo sia per gli uomini che per gli animali, grazie alle sue foglie edibili ma soprattutto ai suoi frutti, le faggine o faggiole, commestibili crude o abbrustolite oppure trasformabili in olio tramite spremitura.

C’è però chi sostiene (Angelini) che il nome derivi dal celtico fog, cioè “fuoco”, a indicare la natura di “fuoco fattosi materia” di quest’albero, comparso sulla Terra in epoca terziaria, quando si è verificato il raffreddamento del pianeta e il fuoco in superficie si è solidificato.

L’epiteto specifico sylvatica indica invece la sua natura boschiva, sottolineando la tendenza a formare boschi, solitamente puri, dove l’ombra prodotta dall’alto fogliame scoraggia la crescita di quasi qualunque altra pianta.

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Botanica:

Il Faggio è un albero deciduo, dal portamento maestoso, che può raggiungere i 40 metri di altezza e i 500 anni d’età. Il suo apparato radicale, inizialmente fittonante, in seguito si espande, formando una rete di numerose radici secondarie ben approfondite e in simbiosi con funghi che facilitano il recupero di sostanze nutrienti dal terreno. La sua corteccia è liscia, grigio-argentea, lucida, lenticellata sui rami e molto sottile: incidendola è molto facile infatti lesionare il cambio, che si trova subito al di sotto e che contiene i vasi in cui scorre la linfa dell’albero e le cellule che ne garantiscono la crescita. Per questa ragione, nonostante la tentazione di incidere messaggi sul bellissimo tronco dei Faggi sia forte (e spesso su questi alberi si vedono cuori con frecce e nomi di innamorati), sarebbe meglio evitare, poiché è alto il rischio di raggiungere il cambio e così ferire, anche mortalmente, l’albero.

La sua corteccia chiara e liscia inoltre rende il Faggio molto sensibile alla luce. Quest’albero amante dell’ombra infatti, se esposto improvvisamente alla luce del sole per esempio a causa di disboscamento, viene gravemente danneggiato, bruciandosi.

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Il Faggio ama l’ombra e il suoli umidi ma ben drenati. Rifugge i climi troppo secchi così come quelli eccessivamente piovosi, trovando la sua fascia climatiche ideale nelle foreste dell’Europa centrale, a circa 600 metri di altitudine. Una volta che si stabilisce nel suo territorio d’elezione, questa pianta esigente tende a colonizzarlo, formando di preferenza boschi puri. I rami crescono in alto, formando angoli acuti rispetto al tronco, e si ricoprono di fitte foglie sensibilissime alla luce, di colore verde chiaro appena nate e poi più intenso, ovali, semplici e alterne, lunghe dai cinque ai dieci centimetri e con l’apice a volte acuto, altre ottuso. Se anziché in un bosco il Faggio cresce isolato, sviluppa rami anche nelle parti più basse del tronco, ricoperti da un fogliame fitto che lo protegge dalla luce e che forma una chioma tondeggiante.

Trovandosi in un bosco di Faggi, si ha l’impressione di essere all’interno di una cattedrale, e infatti alcuni hanno ipotizzato che l’ispirazione per la forma delle cattedrali gotiche l’uomo l’abbia presa proprio da tali foreste. I rami alti e frondosi filtrano la luce del Sole impedendo a molti dei suoi raggi di raggiungere il suolo, ricoperto in ogni stagione da un tappeto di foglie che si decompongono lentamente contribuendo alla formazione dell’humus, il suolo nuovo, scuro e vivo, profumato di Terra. Se ne ha occasione, il Faggio crea i suoi boschi e li mantiene, scoraggiando, una volta che si è formato, la crescita di altre specie, a eccezione di quelle amanti dell’ombra come il Tasso o l’Agrifoglio. In un bosco di Faggi si respira un’atmosfera ordinata, raccolta, di pace e magia silenziosa. I suoi tronchi, luminosi e puliti, su cui a volte compaiono “occhi” disegnati da poche rughe della corteccia, si stagliano come giganti signore assorte che osservano quietamente gli eventuali ospiti avventurarsi tra loro, accogliendoli sul tappeto di foglie che invita a sdraiarsi, circondandoli con la danza dei dei raggi di Sole che giocano con il verde del fogliame.

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I fiori maschili e quelli femminili crescono sulle stesse piante. I fiori maschili formano amenti lunghi fino a 2 cm, mentre quelli femminili si raggruppano a coppie e danno origine ai frutti: cupole legnose ricoperte da aculei erbacei ricurvi che, giunti a maturità, si aprono in quattro valve liberando due noci rossastre, chiamate faggiole o faggine. I frutti del Faggio sono un’importante fonte di cibo per numerosi animali del bosco, come i cinghiali, i cervi, gli scoiattoli, i tassi, i tordi, i merli e molti altri. Il Faggio fiorisce in aprile.

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Le sue gemme sono lunghe e appuntite, bruno rossastre, dalla tipica forma di lancia. Qualcuno le ha paragonate a dita accusatorie, ma a me paiono più che altro simili a spine o ad antenne che si allungano nell’atmosfera curiose e sottili.

Tipico del Faggio, una volta che ha formato il suo bosco, è nutrire il terreno, formando humus per arricchirlo, rinforzarlo, mantenendolo al tempo stesso drenato e ventilato. Quest’albero infatti ama i terreni freschi, profondi e ben drenati, e cerca di mantenerli sempre così grazie alle sue radici sviluppate e alla simbiosi con i funghi. E’ come se il Faggio, pianta esigente e principesca che per crescere necessita di condizioni specifiche, amasse la sua casa al punto da proteggerla sempre, creando una sinfonia armoniosa tra le foglie che si muovono seguendo il ritmo del Sole, le forme eleganti dei tronchi e dei rami che si allungano verso il cielo e le radici espanse, laboriose, socievoli, che a volte crescono anche sulla superficie del terreno, avvolgendo massi o zolle di terra, simili a serpenti di roccia o a creature leggendarie.

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I suoi bisogni specifici sono probabilmente la ragione per cui, dopo la glaciazione, il ritorno del Faggio è stato uno dei più lenti. Si è diffuso più grazie all’uomo negli ultimi due millenni che per conto proprio nei precedenti sei.

E’ facile per i meno esperti confondere il Faggio con altri alberi quali il Bagolaro (Celtis australis) e il Carpino (Carpinus betulus), che però, a ben guardare, nonostante alcune somiglianze nella corteccia e nella forma delle foglie, sono diversi sia nei frutti che nel portamento, nelle gemme e nei fiori.

Mitologia e storia:

Albero governato dall’energia del pianeta Saturno, il Faggio esprime con tutto se stesso le caratteristiche simboleggiate da questo pianeta, connesso all’archetipo del Grande Vecchio e del Regolatore. Esso porta lo Spirito all’interno della Materia. Il Faggio, nella sua composta e ritmica eleganza, ci mostra come sia possibile creare una perfetta sintonia tra le varie dimensioni, condensando la danza sottile dell’energia all’interno di una forma definita, funzionale e bellissima.

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La sua corteccia liscia e leggera fu uno dei primi supporti utilizzati in Europa per la scrittura, e infatti il nome tedesco del Faggio, Buche, ha la stessa etimologia di Buch, che significa libro. E’ pertanto un albero legato alla saggezza e alla tradizione, alla conservazione della memoria.

Tacito racconta che i popoli germanici usavano lanciare bastoncini di Faggio incisi con Rune su un telo bianco affinché i sacerdoti, osservando la disposizione in cui i bastoncini ricadevano, potessero ottenere chiarezza sulle questioni poste.

Non esistono particolari miti o divinità legate a quest’albero, probabilmente anche per il fatto che non si tratta di un’essenza particolarmente longeva. Veniva però considerato con grande rispetto un tramite tra gli uomini e gli dèi, circondato da aura divina, e Macrobio riferisce che esso era considerato uno degli arbores felices, e che le coppe utilizzate per i sacrifici erano intagliate nel suo legno. Per i Celti esso era un albero simbolo di conoscenza, saggezza e lucidità, rappresentando anche le qualità di concentrazione e purezza necessarie ai druidi per poter entrare in contatto con l’altro mondo.

L’unione tra Spirito e Materia e tra uomo e Dio simboleggiata dal faggio si può trovare anche nel significato dei numeri presenti nei frutti: 2 semi di forma triangolare (3) sono uniti in 1 riccio composto da 4 valve. Nella numerologia, l’1 rappresenta l’assoluto, il principio divino; il 2 simboleggia la dualità, il 3 è il numero della conoscenza e del superamento della dualità e infine il 4 rappresenta la materia, costituita appunto dai quattro elementi.

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La foresta di Verzy, in Francia, era celebre per la presenza di alcuni Faggi mostruosi il cui tronco insieme con i rami più bassi formava ammassi confusi e contorti, probabilmente per via di malformazioni causate da una mutazione avvenuta in seguito alla caduta di un meteorite radioattivo nei primi secoli della nostra era. I Faggi “mostruosi” sono già citati in un cartulario dell’abbazia di Saint-Basle del VI secolo.

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Faggio nella foresta di Verzy

Il legno del Faggio è un legno che ben di adatta alle mani dell’uomo e infatti in passato è spesso stato utilizzato per costruire i manici degli attrezzi da lavoro. Per via del suo basso contenuto in tannini, invece, e dunque della sua scarsa resistenza alla decomposizione, non è indicato per la costruzione di mobili o case.

Fitoterapia:

La corteccia, il legno, le foglie e i semi del Faggio sono usati in medicina per le loro proprietà astringenti, antisettiche e disinfettanti. Il Faggio è una pianta rinfrescante: una preparazione fatta con la corteccia è un vecchio rimedio contro le febbre e stare sotto a un Faggio calma, rinfresca e stimola.

Un tempo la cenere di quest’albero  era utilizzata per produrre unguenti contro le infiammazioni della pelle di uomini e animali, così come per la preparazione di soluzioni saponose utili per pulire o lavare le superfici e la pelle.

Le foglie del Faggio sono commestibili e possono essere consumate fresche, in insalata o in minestre. I suoi frutti contengono il 50% di olio e sono stati utilizzati fin dall’antichità per il nutrimento di uomini e animali.

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Dalla distillazione del legno si ottiene il creosoto, una sostanza fungicida e insetticida che veniva utilizzata per curare funghi e altri problemi della pelle ma che, essendo piuttosto tossica per l’uomo e per l’ambiente, è oggi vietata. Già 200 anni fa però Hanemann, il padre dell’omeopatia, ne aveva notato gli effetti collaterali, trasformandolo in un importante rimedio omeopatico (Kreosotum).

In gemmoterapia, Fagus sylvatica, preparato con le gemme del Faggio, agisce sulle vie urinarie e sul sistema reticolo-endoteliale, ha notevoli proprietà antistaminiche, svolge un’azione diuretica, aumenta le gammaglobuline e riequilibra l’assetto lipidico, rivelandosi utile nella prevenzione e nel trattamento di sindromi allergiche, ipogammaglobulinemie, sovrappeso, cellulite e ritenzione idrica.

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In floriterapia, i fiori del Faggio costituiscono la base dell’importante essenza floreale Beech, rimedio che aiuta le persone ipercritiche ed esigenti, che tendono a isolarsi, a tenere un atteggiamento di superiorità come barriera difensiva, sentendosi incomprese e deluse dal mondo. Beech risveglia in queste persone la virtù della tolleranza e dell’accettazione, permettendo loro di mettere la loro grande lucidità, sensibilità e capacità di osservazione al servizio attivo di se stesse e degli altri.

L’energia del Faggio:

Il Faggio non comunica in maniera diretta e per ascoltare il suo messaggio occorre sintonizzarsi delicatamente con lui e restare in ascolto con ogni cellula del proprio corpo. Si sentirà allora diffondersi lungo la pelle, nelle vene e attraverso i canali energetici una sensazione sottile di benessere e completezza, che non solo pervade il nostro corpo ma permea tutta l’atmosfera del bosco che ci circonda, unificando il campo aurico e armonizzando le nostre frequenze. Stando seduti in meditazione in una faggeta, o sdraiati sul tappeto di foglie contemplando i rami più alti che si sfiorano, s’intrecciano e giocano con la luce, si entra dolcemente a far parte del bosco e così scompare l’illusione di essere separati. Ogni pensiero si placa, l’ansia svanisce e il Faggio ci trasmette la sua energia, mostrandoci con perfetta semplicità come bastare a noi stessi. Siamo calmi ora, siamo connessi. Non ci manca niente. Stare in una faggeta è come stare materialmente seduti nel centro del Cosmo.

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L’energia del Faggio avvolge e penetra i nostri corpi e ci parla di autonomia, di solitudine, libertà e protezione. Ci insegna che a ognuno è possibile bastare a se stesso, poiché ogni cosa è connessa e noi non abbiamo in realtà bisogno di nient’altro che di trovare il nostro Centro, ascoltare la nostra vera Voce, che è la Voce del Centro del Cosmo. Il Faggio ci insegna la forza e la severità necessarie a delineare il nostro spazio sacro, proteggendolo dalle influenze negative. Ci mostra come diventare bosco, nutrendo il terreno che ci nutre e intrecciando le nostre radici con quelle dei nostri simili, facendoci sostenere in questo dai funghi, che in natura sono simbolo della coscienza cosmica che tutto connette. Ci insegna anche a non svalutare le nostre esigenze, ma a cercare con costanza e pazienza l’ambiente giusto per poter prosperare. Ci insegna l’autostima, e che nessuno rispetterà noi e i nostri bisogni se non lo facciamo noi stessi per primi.

Dal Faggio possiamo imparare a creare un nostro spazio sacro (sia interiore che esteriore), meraviglioso come una cattedrale il cui dio siamo noi stessi, identificati con la Natura. Ci dice che non siamo mai soli, anche quando siamo soli. Ci parla della solitudine come strumento di conoscenza e di libertà, che ha bisogno di protezione e di quella disciplina armoniosa che vediamo in atto ovunque nella Natura: nel ricorrere continuo di ritmi e di reti energetiche che costituiscono la sostanza stessa della Vita.

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L’energia pulita e chiara del Faggio ci può aiutare a riconnetterci al nostro Centro e a pensare con lucidità e saggezza, sbrogliando la matassa inutile di condizionamenti e catene che provengono dalla programmazione inconscia a cui siamo stati sottoposti fin dalla nascita.

Quest’albero simbolo di libertà consapevole ci mostra quanto nutrimento e quanta ricchezza possono originare dalla solitudine, se quest’ultima è in armonia con il ciclo della Vita. Imparando a stare soli con noi stessi e proteggendo il nostro spazio sacro possiamo formare enormi boschi meravigliosi, possiamo espanderci e crescere, moltiplicarci, diventare giganti pur mantenendo pelli-cortecce sottili, lisce e luminose.

Non bisogna fraintendere l’atteggiamento di apparente chiusura del Faggio come una fuga dalla realtà, o come snobismo. Bisogna invece apprendere da esso l’indipendenza e la forza dell’autoconsapevolezza e dell’autodisciplina. Proteggere il nostro spazio sacro ed essere capaci di bastare a noi stessi ci permette infatti di conservare la nostra sensibilità alla Luce.

“Divieni la tua opera d’arte” ci dice la saggia voce del Faggio, “Trasformati in ciò che sei veramente. Esigi con dolcezza tutta la Bellezza che ti meriti. Non temere, hai la forza di mille radici che ti nutre e le tue foglie tenere si alimentano dell’energia del Sole. Non ti manca nulla. Abbi pazienza, coltiva i tuoi talenti, non svenderti, non concederti a compagnie inappropriate. Abbi il coraggio di scegliere la solitudine, se necessario, e impara ad amarla. La solitudine ti insegna la libertà.  Ci vogliono cent’anni per costruire una cattedrale ma, una volta finita, sarà facile intuire che non poteva essere altrimenti e che ne è valsa la pena fino all’ultimo secondo, fino all’ultimo centimetro, fino all’ultima radice, foglia, micelio di fungo. E nella tua cattedrale gli occhi della Dea, i tuoi occhi, ti osserveranno quieti, dandoti l’unica risposta possibile.”

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Bibliografia:

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-Cattabiani A., Florario, Mondadori, Milano 2013

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-Motti R., Botanica sistematica e forestale, Liguori Editore, Napoli 2010

-Rigoni Stern M., Arboreto salvatico, Einaudi, Torino1996

-Scheffer M., Il Grande Libro dei Fiori di Bach, Corbaccio, Milano 2000

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-Spohn M. e R., Guida agli alberi d’Europa, Franco Muzzio, Roma 2011

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