Isa: la Verità del Ghiaccio

Isa (fonetica “I”) in norreno significa “ghiaccio” e deriva dalla stessa radice dell’inglese ice.

Di questa runa non esiste la posizione capovolta e questo indica che il suo significato è sempre velato di ambiguità: l’estrazione di Isa non è mai un segno fausto né infausto di per sé.

In un poema runico islandese si dice che Isa, il ghiaccio, è la corteccia dei fiumi. Quest’immagine suggestiva ci rimanda a un processo di cristallizzazione, solidificazione e concentrazione: la corteccia è la scorza esterna dell’albero, la parte dura che protegge l’interno vivo e fluido. Da questo punto di vista Isa rappresenta l’indurimento esterno, un atteggiamento di protezione e chiusura. In effetti, già con la sua semplice forma, questa runa ci parla di isolamento dal mondo, di essenzialità e ritiro in se stessi, è una runa “invernale”, che invita alla meditazione e alla contemplazione del vuoto.

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Isa significa distacco, morte esteriore, solitudine, riflessione. Il ghiaccio è anche la parte esterna, superficiale dei corsi d’acqua in inverno, e luccica al sole come uno specchio. Fa pensare quindi al concetto di illusione com’è intesa per esempio nella cultura buddista: Maya è il velo che ricopre la Realtà impedendoci di percepirla per come è veramente, il teatro di finzione che inganna i nostri sensi imprigionandoci nel dolore di samsara, l’eterno ritorno. Per uscirne, occorre seguire l’insegnamento del Buddha: praticare l’arte del distacco, del ritiro in se stessi e al tempo stesso dell’espansione della mente oltre le apparenza del mondo fisico.

Sul ghiaccio si può scivolare. Isa ci indica quindi anche un percorso pericoloso, da affrontare con circospezione e lentezza.

Isa rappresenta il lutto e della sua elaborazione: per superare il dolore dobbiamo lasciare andare ogni attaccamento a cose e persone, focalizzandoci nell’eterno presente rappresentato da questa runa: un sottile ponte tra Terra e Cielo, tutto concentrato nell’Adesso.

La divinità collegata a Isa è la Norna Verdandi, una delle tre sorelle del Destino. Mentre Urd è il Passato e Skuld il Futuro, Verdandi è il Presente, il Qui-e-Ora, l’unica cosa che esiste davvero per colui che medita.

Le tre Norne

Le tre Norne

L’estrazione di questa runa ci mette in guardia da un dispendio di energie poco oculato, ci avvisa che stiamo attraversando il nostro inverno e che ci conviene risparmiare le nostre energie e guardare dentro noi stessi. Dobbiamo fermarci, lasciare che una lastra di ghiaccio ricopra e protegga il fluire della vita dentro di noi, in attesa della primavera. Ci consiglia di coltivare la solitudine, di imparare ad apprezzare i pregi dell’isolamento, di prendere dimestichezza con il distacco dalle cose del mondo, che sono impermanenti, frutto e causa di dolore.

Isa ci dice di aspettare, non compiere mosse avventate ma riflettere, senza temere l’apparente fine delle cose, connettendosi con il proprio centro, che è anche il centro dell’Universo.

Questa runa è legata al colore bianco, al freddo e all’immobilità. Secondo il runologo Edred Thorsson Isa rappresenta anche l’antimateria, contrapposta a Fehu che è l’abbondanza sempre rigenerata della vita. Isa è energia centripeta, concentrata in se stessa fino a divenire un potente centro di attrazione e annullamento al tempo stesso.

Nel tempo ciclico, che è il vero tempo del mondo, gli opposti si avvicendano come aspetti della medesima cosa. L’espirazione segue all’inspirazione così come la notte segue al giorno e la morte alla vita. Isa rappresenta il momento di vuoto, l’apnea tra un respiro e l’altro, la morte apparente della natura in inverno a cui farà inevitabilmente seguito la rinascita primaverile.

E’ un tempo di attesa che ci viene offerto non per disperare ma per conoscerci meglio. Solo conoscendo le profondità di noi stessi infatti impariamo a conoscere Dio.

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Approfittiamo dunque di questa stasi, del ghiaccio che ci circonda, avvolgiamoci in noi stessi ed immergiamoci nel nostro paesaggio interiore. Impariamo a scendere oltre lo strato luccicante, oltre il velo dell’illusione, a guardare in faccia il vuoto che ci costituisce. Diventiamo forti, lasciamo che l’isolamento ci tempri: solo quando sapremo stare da soli, potremo stare bene anche insieme agli altri. Accettiamo di morire al dolore, lasciamo andare ciò che è morto. Vediamo cosa rimane. Quello che resta è la nostra essenza, ciò che non ci potrà mai essere tolto e che come un ponte ci collega all’Uno Infinito. Concentriamoci, raccogliamoci nel nostro centro fino a scomparire nella sua luce bianca. In questo consiste la meditazione in fondo: nello smettere di pensare per essere uno nel qui e ora. Morti, più che mai vivi.

Parole chiave: ghiaccio, meditazione, isolamento, vuoto, distacco, concentrazione, eterno presente

Divinità che la presiedono: la Norna Verdandi e la dea Hel, figlia di Loki

Chakra: VI

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Per approfondire:

-Bellini G., Galimberti U., Runemal – Il grande libro delle Rune, L’Età dell’Acquario, Torino 2009

-Thorsson E., Futhark – A Handbook of Rune Magic, Red Wheel/Weiser, San Francisco 1983

-Thorsson E., Runelore, Red Wheel/Weiser, San Francisco,1987

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I benefici della depurazione stagionale

“Questo è il grande mistero dell’autunno e cioè che non esiste zona della Terra di cui si possa dire: qui regna l’eterno autunno. Com’è certo che vi sono regioni della Terra in cui regna l’eterna primavera, l’eterna estate e l’eterno inverno, altrettanto sicuro è il fatto che non vi è luogo in cui esista l’eterno autunno. Perché le cose stanno così? Perché l’autunno è “la” stagione della “trasformazione”. La trasformazione è però qualcosa che si trova nascosto in tutte le stagioni e che tuttavia non può diventare palese.” (W.Cloos, L’anno della Terra nell’alchimia delle stagioni)

Secondo l’antroposofo Walter Cloos, l’autunno inizia già il 25 agosto, il giorno di San Bartolomeo, giorno in cui puntualmente, ogni anno, annusando l’aria ci si accorge che qualcosa nel suo odore è cambiato: dietro al profumo di sole e fieno si inizia a intuire un sentore di putrefazione, mentre tutto intorno a noi la Terra si prepara all’apparente riposo invernale, inglobando nel sottosuolo i processi di trasformazione, nascondendo il suo fuoco. Cloos prosegue la sua descrizione dell’autunno sottolineando come questa sia anche la stagione dei rumori: mentre prima la Natura era silenziosa, ora il bosco si riempie di suoni: tonfi di frutti che cadono a terra, schiocchi di semi che si aprono, scoppi, cigolii. E nei frutti che maturano, nelle foglie che scoloriscono e cadono al suolo si concentrano i minerali, in quell’humus che altro non è se non la cenere del dolce fuoco estivo che nei mesi precedenti è stato alimentato dall’interazione tra il campo energetico terrestre e le energie del cosmo, al di sopra dell’atmosfera, là dove ha origine il corpo astrale di Gaia.

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Interpretare le stagioni da un punto di vista spirituale è un modo per arricchire la nostra vita, donando senso al trascorrere circolare del tempo e introiettando i processi di mutamento: come fuori, così dentro di noi l’autunno porta trasformazione. Come gli alberi lasciano andare le foglie, così anche noi possiamo lasciar andare ciò che non ci è più utile, preparando uno spazio accogliente e pulito per trascorrere l’inverno.

Le giornate cominciano ad accorciarsi sensibilmente, alcuni temporali abbassano la temperatura dell’aria cosicché, se anche torna il sole, non fa più caldo come prima. Il mondo intorno a noi cambia: la luce è meno intensa e più “obliqua”, gli alberi perdono le foglie ricoprendo il suolo di tappeti variegati di colori caldi e bellissimi. Gli uccelli al mattino hanno un altro modo di gridare: ora il loro richiamo sembra quasi un saluto d’addio, che piano piano lascia il posto alle strida delle cornacchie, compagne inseparabili dei nostri inverni. Una coperta in più sul letto, asciugarsi i capelli dopo averli lavati, al mattino appena alzati ci sorprendiamo a rabbrividire, la sera non abbiamo più voglia di stare all’aperto ma il buio comincia a farci un po’ paura.. Arrivano le prime nebbie.

Questi cambiamenti, uniti al fatto che finite le vacanze si torna molto spesso a immergersi nei ritmi concitati del lavoro, della scuola, della città, influiscono sul nostro stato di salute così come sull’umore, portando dei cambiamenti anche dentro di noi.

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La nostra ghiandola pineale produce più melatonina, causandoci un aumentato bisogno di dormire (il cosiddetto letargo!) e una sensazione generale di spossatezza. Il cambio di luce e temperatura innescano un mutamento anche nei ritmi del nostro metabolismo, che “cambia marcia”: la sudorazione e la traspirazione diminuiscono, così come il moto, mentre invece aumenta l’appetito e il desiderio di mangiare soprattuto cibi caldi a base di carboidrati. Abbiamo “voglia di dolce”: questo accade perché il nostro copro è antico, è cambiato pochissimo negli ultimi 12.000 anni. Un tempo, con il finire della stagione calda, la vita dell’uomo subiva un brusco rallentamento: si raccoglievano gli ultimi frutti, si faceva scorta di provviste per l’inverno e ci si ritirava nelle proprie grotte, al caldo del fuoco, sognando e raccontandosi miti. Le attività della stagione autunnale, pur essendoci, erano limitate. Si raccoglievano i funghi e le frutta che cadeva dagli alberi, si raccoglieva legna, ci si preparava all’inverno. Rispetto al fermento estivo, con l’autunno il corpo entrava in una fase di riposo e di accumulo, in preparazione alla “morte apparente” dell’inverno.

Oggi non è più così, anche se al nostro corpo non l’ha detto nessuno! Si lavora con ritmi anche maggiori che durante l’estate e il cibo nei negozi è sempre disponibile, per cui non occorre fare provviste. Eppure, nonostante siamo perfettamente consci di questo a livello razionale, il nostro corpo, dalla sua antica saggezza, continua a mandarci gli stessi messaggi: ci sentiamo scoraggiati nel vedere meno luce, abbiamo una strana paura, ci sentiamo deboli, affamati, il cambio di umidità e di pressione può darci fastidi come gonfiori, mal di testa, infiammazioni alle giunture, malumori.

E’ importante vivere questi cambiamenti rispettando le esigenze del nostro corpo, andandogli incontro, senza forzarlo ma prendendosene cura con amore, decifrando i suoi messaggi come metafore di cambiamento.

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Il cambio di metabolismo innescato dalla diminuzione di luce e temperatura, mette inoltre in moto le tossine del nostro corpo, offrendoci un momento propizio per depurarci e per drenare i nostri organi e tessuti, in preparazione alla stagione fredda, per prevenire malattie e disturbi di vario genere.

Una fase di depurazione e drenaggio (sia fisico che mentale, se possibile!), alleggerisce il nostro corpo delle tossine che ancora si porta dietro dall’estate, spegnendo eventuali infiammazioni, aumentando la nostra energia vitale e migliorando il tono dell’umore. Inoltre, rimuovendo tossine, colle e cristalli dai tessuti, si previene l’insorgere di malattie stagionali e non, come raffreddori e bronchiti, eczemi, emicranie, atralgie, e si sostengono le difese immunitarie, che proprio in questa stagione vengono messe alla prova.

Gli organi emuntori del nostro corpo, ovvero “gli spazzini”, i “filtri”, coloro che si occupano di trasformare e smaltire le tossine che quotidianamente ingeriamo tramite cibi, farmaci e inquinamento oppure produciamo noi stessi a causa di tensioni e stress, sono: fegato (colle), intestino crasso (colle), reni (cristalli), polmoni (colle, emuntori secondario), pelle (colle, emuntore secondario), ghiandole sudoripare (cristalli, emuntori secondario). Le donne inoltre hanno come emuntori secondario per smaltire le colle anche l’utero.

Per “colle” si intendono i residui di una dieta ricca di amidi e glutine (che è appunto una colla) o di formaggio (la caseina è una colla). Le cosiddette colle sono alla base della formazione di muco e i producono infiammazione. Vengono smaltite tramite la bile nelle feci. Se questo meccanismo di depurazione non funziona, il corpo ricorre agli emuntori secondari (muco nei polmoni, leucorrea vaginale). Se anche ciò non fosse sufficiente, si creano i cosiddetti “emuntori patologici”, quali, per esempio, le emorroidi o gli eczemi.

I “cristalli” (generalmente cristalli di acido urico) sono i sottoprodotti principalmente di carne e alcol, e vengono smaltiti tramite sudore e urina. Se il corpo non riesce a liberarsene, i cristalli causano ritenzione idrica, infiammazione del tessuto connettivo (dove tendono ad accumularsi) e acidificano i tessuti, con grande dispendio della riserva minerale delle nostre ossa e accelerando il processo di invecchiamento.

E’ perciò molto importante provvedere, almeno due volte l’anno (primavera e autunno) a una depurazione e un drenaggio degli organi emuntori, così da alleggerire il corpo e la mente, ripulendo il sangue dalle tossine accumulate.

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Una buona cura depurativa parte innanzitutto dall’alimentazione: prima di iniziare la depurazione infatti è consigliato seguire per una settimana una dieta ricca di verdura e frutta biologiche, priva di alcolici e proteine animali e con una quantità moderata di carboidrati (possibilmente da riso o da altre fonti prive di glutine). Dopo una settimana, avendo alleggerito gli emuntori, si può procedere con una cura depurativa. Per “depurare” qui s’intende sostenere gli emuntori nel loro compito, in particolare il fegato, che è il filtro principale e spesso il più sovraccaricato. Per aiutare il fegato esistono vari alleati naturali, quali curcuma, cardo mariano (Silybum marianum L.), zinco, vitamine B, amminoacidi quali N-acetilcisteina e S-adenosilmetionina e altri fitocomplessi che vanno a favorire le due fasi di detossificazione epatica.

Cardo mariano (Silybum marianum L.)

Cardo mariano (Silybum marianum L.)

Una volta eseguita la depurazione e messe in moto le eventuali tossine che stazionavano in ambito epatico, si passa alla fase di drenaggio di tutti gli emuntori. Tramite piante quali fumaria (Fumaria officinalis L.), bardana (Arctium lappa L.), viola del pensiero (Viola tricolor L.), ortica (Urtica dioia L.), carciofo (Cynara scolymus L., ottimo sia per il fegato che per i reni), betulla (Betula alba L.), salsapariglia (Smilax medica Mill.), ortosiphon (Ortosiphon stamineus Bentham), il tarassaco (Taraxacum officinale L.), la liquirizia (Glycirrhiza glabra L.), il frassino (Fraxinus excelsior L.), il gallium aparine (Gallium aparine L.) e altre numerose piante che accorrono in nostro aiuto, procediamo a far defluire dal nostro corpo i rifiuti che abbiamo in precedenza movimentato.

Taraxacum officinale L.

Taraxacum officinale L.

In questa fase è importante bere molta acqua, almeno 2 litri al giorno, per aiutare l’organismo a drenarsi. Inoltre, è meglio mantenere un’alimentazione controllata, tendente al vegetarianesimo, per tutta la durata della cura e svolgere attività fisica frequente (l’ideale sarebbe mezz’ora di attività aerobica quotidiana) per far circolar il sangue più velocemente e quindi facilitare il processo di depurazione. Anche la respirazione completa ci aiuta a eliminare gli acidi carbonici tramite l’espirazione, alcalinizzando il sangue.

La cura dura circa sei settimane: una settimana di preparazione, poi la depurazione. Dopo un paio di settimane che si è iniziata la depurazione, si può contemporaneamente iniziare anche la cura drenante, che solitamente dura tre settimane.

In commercio si trovano numerosi prodotti per depurare e drenare e ci sono diverse case che propongono buone soluzioni.

In caso ci siano squilibri intestinali, è  bene accompagnare la depurazione con una cura a base di fermenti  per ripristinare l’eubiosi dell’intestino, disinfettando, togliendo l’infiammazione e reimpiantando i fermenti appartenenti alla flora “amica”.

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Ottimi drenanti sono anche i gemmoderivati, i quali tutti, per la loro stessa costituzione, stimolano gli emuntori e purificano l’organismo. Ci sono poi gemmoderivati indicati proprio per il drenaggio e la stimolazione dell’apparato digerente (ciascuno con le sue specificità d’azione), tra i quali: Betula verrucosa linfa e gemme, Carpinus betulus gemme, Ficus carica gemme, Juglans regia gemme, Fraxinus excelsior gemme, Tilia tomentosa gemme, Prunus spinosa gemme.

Un’importante aiuto ci arriva anche dalla floriterapia: Crab Apple del repertorio dei fiori di Bach è un fantastico sostegno per la purificazione da scorie fisiche ed emotive. Nel repertorio californiano troviamo Morning Glory e Nicotiana, che ci sostengono nel processo di depurazione liberando da dipendenze e sintonizzandoci sui ritmi naturali. Infine, nel repertorio alaskano c’è Black Tourmaline (vedi anche:http://bit.ly/1iM6vnT), fantastico rimedio purificante che agisce su ogni livello del nostro essere liberandoci dalle tossine e proteggendoci dall’inquinamento ambientale ed eterico.

Per aiutarci ad attraversare questa stagione di cambiamento può essere utile anche indossare pietre e cristalli energetici, stimolanti oppure protettivi, magari dai colori che ricordano quelli calde delle foglie cadute: ambra innanzitutto, che rafforza il nostro Sole interiore, diaspro rosso, occhio di tigre, corniola, opale di fuoco; ma anche ematite, tormalina nera, ossidiana, per proteggerci e radicarci.

Così come i gioielli e le pietre che indossiamo, anche i nostri abiti, che ora si fanno più caldi, possono riscaldarci l’animo tramite i loro colori. A me piace mimetizzarmi con i colori del bosco in questa stagione…

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Alcuni piccoli accorgimenti quotidiani per volersi bene e  stare bene:

-curare l’alimentazione: mangiare molta frutta e verdura fresca e di stagione; cercare di mangiare con calma, masticando a lungo, onorando il rituale del pasto

-svolgere regolarmente attività fisica (yoga, qi gong, passeggiate), quando possibile in mezzo alla Natura, ammirandone la maestosa bellezza che si trasforma

-bere molta acqua, anche sotto forma di infusi

-prendersi il proprio tempo, fare poche cose ma bene, non lasciarsi trascinare dallo stress

-respirare profondamente, ricordandosi del proprio corpo, ogni volta che è possibile

-svolgere piccole meditazioni ed esercizi di centratura, per connettersi con il proprio Sole centrale e con la Madre Terra

-vivere l’Autunno come una stagione dell’Anima. Come dentro, così fuori.

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Bibliografia e sitografia:

Campanini E., Manuale pratico di gemmoterapia,  Tecniche Nuove, Milano 2005

-Campanini E., Dizionario di fitoterapia e piante medicinali, Tecniche Nuove, Milano 2004

-Cloos W., L’anno della Terra nell’alchimia delle stagioni, Natura e Cultura, Alassio 1993

-Santagà D., L’albero della naturopatia, Editoriale Programma, Padova 2012

-Benessere naturale: http://benesserenaturalebologna.altervista.org/autunno-drenaggio/

-Solilunio: http://www.solilunio.it/pdf/letture/naturopatia/drenaggio.pdf

Pine, il fiore dell’Autoaccettazione

“Per coloro che si rimproverano qualcosa. Anche quando hanno successo, pensano che avrebbero potuto far meglio e non sono mai soddisfatti dei loro sforzi e dei loro risultati. Sono grandi lavoratori, ma soffrono molto per i difetti che si attribuiscono. A volte, di fronte a un errore commesso da altri, arrivano perfino ad attribuirsene la responsabilità.” (E.Bach, I dodici guaritori e altri rimedi)

Pine fa parte dei 38 rimedi del repertorio floreale scoperto da Edward Bach. In particolare Pine è uno dei diciannove rimedi scoperti tra marzo e luglio del 1935 nei boschi intorno a Sotwell, un paese dell’Oxfordshire, nella valle del Tamigi, dove Bach visse e lavorò dal 1934 fino al 1936, anno della sua morte.

Come gli altri rimedi estratti dai fiori di alberi, Pine ha a che vedere con qualità soggette a cristallizzazione, ovvero con caratteristiche strutturali della personalità, con tendenze lignificate, dalle radici profonde affondate nel passato individuale, famigliare o karmico. Fa parte del gruppo di rimedi che Bach definì essenze “per coloro che si scoraggiano e si disperano”.

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Le essenze estratte dai Maestri Alberi (eccetto quella di Olive e di White Chestnut) sono ottenute, a differenza di quelle provenienti dalle piante erbacee, tramite il metodo della bollitura o cottura, ovvero raccogliendo i fiori con cura, senza toccarli direttamente con le mani, e cuocendoli per circa mezz’ora, filtrandoli più volte e trasferendo infine l’estratto ottenuto nelle boccette che contengono i concentrati. Questo perché i fiori degli alberi, degli arbusti e dei cespugli a fioritura precoce sbocciano quando il sole non ha ancora raggiunto la massima intensità e quando il tempo, soprattutto nella piovosa Inghilterra, rende difficile applicare il metodo alchemico del sole per trasferire le informazioni energetiche codificate nella frequenza vibratoria dei fiori affidandole alla memoria dell’acqua.

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Pine è l’essenza dei fiori di Pinus sylvestris, il pino silvestre o di Scozia, conifera dalla linfa resinosa e dal tronco alto fino a 30 metri, slanciato e ricoperto da una corteccia bruno-rossiccia, a scaglie che si distaccano come una ferita che non guarisce e continua a spurgare, e che nella parte più alta dell’albero lascia emergere macchie ambrate che ricordano eczemi. Secondo Julian Barnard, acuto osservatore e autorevole studioso dei fiori di Bach, questa caratteristica dell’albero, che sembra nascondere un segreto antico sottopelle, unitamente alla radice robusta e fittonante che affonda dritta nel terreno e al fatto peculiare che i frutti rimangono sui rami due o tre anni prima di maturare e venire dispersi dal vento, facendo sì che su uno stesso ramo sia possibile osservare fino a tre generazioni di frutti, richiama qualcosa di antico, di ereditario, trasmesso di generazione in generazione. Qualcosa di resistente anche se a prima vista invisibile perché nascosto, un legame dal passato che conta la struttura funzionale dell’individuo.

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M.C. Escher, Scala a chiocciola

Del resto, ci parlano di antichità anche il fatto che Pine appartiene alle conifere, famiglia comparsa sulla Terra 300 milioni di anni fa, molto prima di qualsiasi pianta da fiore, e costituiscono gran parte della vegetazione che fu trasformata in carbone (sono perciò strettamente legato al principio del Fuoco e della Trasformazione, come rileva J. Barnard, op. cit.) ; mentre osservando un bosco di Pini si può notare come crescano molto vicini uno all’altro, concentrando tutta l’energia nella verticalità e ricoprendo il terreno ombroso dei loro aghi che acidificano il terreno impedendo la crescita di altra specie di piante. La forza del passato quindi, e il legano famigliare.

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Occorre tener conto di questi indizi quando si considera l’informazione che l’essenza di Pine porta con sé: Pine agisce infatti sul senso di colpa, in particolare sulla tendenza all’autoaccusa ingiustificata, sul rimorso continuo senza cause oggettive, sulla perenne insoddisfazione di se stessi. Coloro che hanno bisogno di Pine sono persone che chiedono molto a se stesse eppure hanno sempre l’impressione di non aver fatto abbastanza. Si sentono in colpa per qualunque cosa, anche minima, e tendono ad attribuirsi anche le colpe degli altri. Si sentono sempre un po’ colpevoli, sempre responsabili, e scorgono il fallimento anche all’interno del successo. Pensano di non meritarsi nulla, faticano ad accettare doni dalle altre persone o dalla vita perché sono convinti di non esserne degni, non si perdonano nulla, rimuginano, raramente si sentono felici e, quando ciò succede, causa loro ulteriore senso di colpa. I soggetti Pine si sentono in colpa per essere vivi.

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Gocce di resina

Lo squilibrio ha solitamente origini molto profonde, come nota Mechthild Scheffer nella sua opera Il Grande Libro dei Fiori di Bach, basata su quattordici anni di esperienza in Germania: come Holly, anche Pine va a lavorare su una caratteristica strutturale della personalità, formatasi probabilmente durante l’infanzia, in seguito alla presenza di genitori molto esigenti, “maschili”, severi e poco gratificanti. Pine può anche essere il risultato di un ambiente religioso soffocante, dove il senso di colpa legato al principio del piacere viene instillato nei bambini fin da quando sono molto piccoli.

Infine, uno squilibrio dell’asse virtù/difetto Pine può anche avere origini in vite passate, in azioni compiute (o non compiute) durante altre reincarnazioni.

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Tre generazioni di frutti su un ramo

Il fatto certo è che l’anima che s’incarna sceglie di avere uno squilibrio nell’area Pine (sceglie per esempio di nascere in una famiglia severa e patriarcale, oppure sceglie di crescere in un ambiente oppresso dal senso del dovere e dal senso di colpa, e così via…) proprio perché durante questa vita vuole imparare la lezione meravigliosa del e importantissima del Perdono (per donum) e dell’Autoaccettazione.

Edward Bach poté scoprire i 38 rimedi perché essi risuonavano in lui tramite squilibri energetici. La sua grande sensibilità gli permetteva di sintonizzarsi sull’energia dei fiori intuendo quale asse virtù/difetto essi erano in grado di riarmonizzare. Bach non avrebbe potuto scoprire i rimedi se all’interno di sé non avesse conosciuto i difetti che essi andavano a guarire. Noi comprendiamo e ci accorgiamo soltanto di ciò che risuona in noi con un “pezzetto” della nostra anima.

Come sottolinea anche Barnard, lo squilibrio nell’area Pine aveva probabilmente origine nell’infanzia e nella giovinezza di Bach, nelle aspettative che suo padre aveva nei suoi confronti. Basti dire che Bach lavorò per tre anni nella fonderia paterna (che tutti si aspettavano lui avrebbe rilevato), prima di trovare l’autostima e il coraggio per dichiarare al padre il suo sogno di diventare medico. Inoltre sono varie le occasioni in cui, nelle sue opere, Bach fa riferimento ai condizionamenti dei genitori e ai danni che le loro ingerenze possono produrre nelle vite dei figli:

“Indipendenza, individualità e libertà devono essere insegnate fin dall’inizio e il bambino deve essere incoraggiato quanto prima nella vita a pensare e ad agire autonomamente. Il controllo dei genitori deve essere diminuito passo per passo…” (E.Bach, Guarisci te stesso), oppure “Alcuni hanno sin dall’infanzia la consapevolezza di quello che intendono fare, e la mantengono per tutta la vita; altri la possiedono, ma vengono dissuasi da consigli e circostanze avverse, e scoraggiati dagli altri” (E.Bach, Libera te stesso).

Edward Bach

Edward Bach

Bach era molto esigente nei propri confronti e ripete più volte, nella sua opera, che il Perdono è la chiave per la Felicità: forse lo stava ripetendo anche a se stesso, conscio dell’importanza fondamentale dell’autoaccettazione.

L’essenza di Pine ci insegna ad amare noi stessi, perché soltanto così potremo poi amare anche gli altri. Soltanto accettandoci completamente, con i nostri pregi e i nostri difetti, riconoscendo la nostra perfezione, la nostra sacralità e divinità, potremo accettare anche la perfezione e la divinità del mondo e così crescere spiritualmente, liberandoci dalle pastoie dell’odio, del rimorso, della dualità. Per riscoprire il Sole che risplende nel nostro centro, così come nel centro dell’Universo, dobbiamo lasciare andare le strutture cristallizzate, i programmi che ci sono stati imposti fin dalla nascita o anche prima. Dobbiamo imparare a guardarci per quello che siamo riconoscendo proprio in quello la divinità. Questo non significa essere autoindulgenti, viziarsi e lasciarsi passare tutto. Significa semplicemente accettare ciò che è e, se pensiamo sia il caso, provare a migliorarlo passo dopo passo, senza proiettare ideali di perfezione su noi stessi e sul mondo, senza continuamente giudicare, senza rendere faticosa ogni cosa.

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Pine ci permette di riscoprire la gioia di vivere, il piacere delle piccole cose, ci ricorda che la vita è un continuo susseguirsi di attimi presenti, liberandoci dall’oppressione delle aspettative future e dei rimorsi passati.

Il passato non c’è più, il futuro non c’è ancora. Solo il presente è reale e noi siamo sempre lì. La nostra storia non è un fardello di colpe, ma semplicemente la spirale di eventi che ci ha levigati rendendoci unici quali siamo. Da qui, dal presente, possiamo agire per mettere a frutto i nostri doni.

Risulta evidente a questo punto l’estrema importanza di quest’essenza per la crescita spirituale degli individui, soprattutto in un’epoca come la nostra, in cui il senso di colpa collettivo pesa sulle coscienze di molti, in cui sembra dominare la polarità delle contraddizioni e in cui l’ansia del futuro schiaccia il presente fino ad appiattirlo.

Pine dice “Fermi tutti. Siamo qui. Siamo liberi. Perdoniamoci e perdoniamo. Guardiamo alle contraddizioni non come a difetti ma come a enormi opportunità di crescita e di superamento della dualità.”

Il senso di colpa non serve a nulla. Non è qualcosa che esiste nella realtà ma solo una proiezione della nostra mente. Siamo noi che proiettiamo la colpa su un evento che si trova nella nostra memoria. E facendo ciò, attribuiamo a quell’evento una serie di significati che però sono soltanto nella nostra testa. Il senso di colpa è controproducente e paralizzante. Non serve flagellarsi per qualcosa che non è andato come doveva. L’unica azione sensata è aprirsi alla luce della comprensione  e dell’Amore adesso, e utilizzare le lezioni del passato per crescere e per agire con maggiore consapevolezza nel presente. La memoria deve solo servire a renderci più saggi.

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J.Wall, Bolle di sapone

Soltanto tramite il perdono e l’accettazione si può essere liberi.

Liberi dal passato, liberai dal futuro, liberi di crescere senza costrizioni in questo eterno presente che sboccia intorno e dentro di noi.

Pine ci ricorda che siamo fatti dello stesso principio divino di cui è fatto il Sole, siamo anime che attraverso più vite stanno compiendo un viaggio di ritorno all’Unità, siamo molto più grandi della colpa e il motore di ogni nostra cellula, per natura, è la gioia. Se a volte ce ne dimentichiamo, è solo perché dobbiamo imparare a ricordarcelo: la saggezza che otterremo da questo processo di apprendimento ci renderà più svegli, più sensibili e più forti di prima. I difetti sono pietre che incontriamo sul nostro cammino il cui scopo è aiutarci a scoprire qualcosa di nuovo su noi stessi e sul mondo. Non dobbiamo bloccarci se ne incontriamo uno, né tentare di aggirarlo perché ciò è impossibile. L’unica cosa da fare è scalare la pietra, arrampicarci sul masso e, una volta in cima, godere di una nuova, splendida visuale sul mondo.

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Messaggio: “Io mi perdono”, “Sono stato liberato”, “La gioia di vivere pervade ogni mia cellula”

Indicazioni: senso di colpa ingiustificato, rimorsi, continuo rimuginare su come qualcosa poteva andare meglio, perenne insoddisfazione, autocritica severa, incapacità ad accettarsi

Parole chiave: autoaccettazione, perdono, libertà dai sensi di colpa, gioia di vivere, gratitudine

Chakra attivati: I, II e IV

Per approfondire:

-Bach E., Le opere complete, Macro Edizioni, Cesena 2002

-Barnard J., Fiori di Bach, Forma e funzione, Tecniche Nuove, Milano 2004

-Kaminski P., Katz R., Repertorio delle essenze floreali, Natur, Verona, 2009

-Orozco R., Fiori di Bach, 38 descrizioni dinamiche, Edizioni Centro di Benessere Psicofisico, Moriondo T.se 2011

-Scheffer M., Il Grande Libro dei Fiori di Bach, Corbaccio, Milano 2008

Spohn M. e R., Guida agli alberi d’Europa, Franco Muzzio, Roma 2011

-Weeks N., The Medical Discoveries of Edward Bach Physician, C.W. Daniel, Saffron Walden 1940

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Artemide, dea della Luna e della Natura selvaggia

Artemide è la forma che assunse presso la civiltà greca una dea di origini preelleniche legata al culto delle foreste, degli animali selvaggi, della Luna e più in generale del potere rigenerativo della Natura.

La sua figura, come spesso accade alle divinità femminili presso le civiltà patriarcali, assume diverse forme, si nasconde e riappare, accogliendo al suo interno altre divinità, cambiando nome, trasfigurandosi, ma rimanendo sempre riconoscibile a chi la cerca, grazie ad alcuni aspetti fondamentali. C’è chi sostiene che un tempo fosse la dea Astarte (Ishtar, Inanna), dea dell’amore e della guerra che poi presso i Greci venne “fatta a pezzi” in più dee specializzate.

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Del resto, la stessa etimologia del nome Artemide è misteriosa e rimane incerta nonostante siano state avanzate svariate ipotesi. Secondo alcuni deriva dalla radice persiana *arta, che significa grandiosa, sacra, eccellente, in questo caso identificandola ancora di più con la Grande Madre di Efeso. Secondo altri deriva dalla radice greca strat o rat, che significa scuotere. Altri fanno risalire il nome al greco arktos, che significa orso, e questa ipotesi sarebbe supportata sia dal fatto che il culto di Artemide, soprattutto in Attica, era legato a quello dell’orso, sia dalla storia di Callisto, che originariamente era Artemide stessa (di cui Callisto era l’epiteto arcadico, come spiegato meglio in seguito). Questo culto era ciò che sopravviveva di antichissimi rituali totemici e sciamanici, e faceva parte di un più ampio culto dell’orsa già riscontrato nelle culture indoeuropee (per esempio la dea orsa celtica Artio). Una forma arcaica di Artemide veniva venerata nella Creta minoica come dea delle montagne e della caccia chiamata Britomartis.

In ogni caso, le forme più antiche attestate del nome sono in greco miceneo: Artemitos e Artimitei, scritte nell’alfabeto della Lineare B, nomi cui gli studiosi riconoscono un’origine preellenica. In Lidia era venerata con il nome Artimus.

Artemide era la dea protettrice dalle Amazzoni, donne forti e indipendenti, abilissime guerriere, che dalla Libia, per non sottomettersi al patriarcato, si erano spostate sui monti della Tracia e dell’Anatolia e lì vivevano in totale libertà.

A lei era dedicato il tempio di Artemide a Efeso, una delle sette meraviglie del mondo antico, dove si trovava una statua che la rappresentava con centinaia di mammelle, come madre-animale-natura, grande nutrice divina, dispensatrice di vita.

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In Arcadia, un luogo in cui gran parte della cultura dell’Europa pre-indoeuropea era stata conservata, la chiamavano Callisto, la “bellissima”, oppure Agrotera, la “selvaggia”. Omero si riferisce a lei con l’epiteto di potnia theron, “Signora degli animali selvaggi”.

Presso i Greci, Artemide era una delle dodici maggiori divinità dell’Olimpo. Era figlia di Zeus e Leto, sorella gemella di Apollo. Artemide era la Luna, Apollo il Sole. Ma Artemide nacque prima di Apollo e aiutò poi sua madre a dare alla luce il fratello, assistendola durante i nove lunghi giorni di travaglio. Per questo è considerata anche la dea protettrice delle donne che partoriscono.

Artemis and Actaeon. Detail from an Athenian red-figure clay vase, about 480 BCE. Museum of Fine Arts, Boston

Artemide è una delle dee vergini, è indipendente ed è un’abilissima arciera. Con il suo arco e le sue frecce d’oro, costruite su misura per lei da Efeso e dai Ciclopi, Artemide, che i Romani chiamavano Diana, non sbaglia mai la mira. E’ una dea competitiva, vendicativa, che si scaglia verso il suo obiettivo senza lasciarsi distogliere da nulla. Artemide ottiene sempre ciò che vuole e punisce senza pietà chi manca di rispetto a lei o a qualcuna delle sue sorelle ninfe.

Artemide protegge le donne (sono molte le occasioni in cui impedisce o vendica stupri ai danni di una delle sue ninfe o di donne che hanno invocato il suo aiuto), le partorienti, i cuccioli, gli animali selvatici, i boschi.

Più in generale, si può dire che Artemide protegge la natura incontaminata, il potere rigeneratore della Natura nella sua forma più pura, più primordiale. E’ la dea di ciò che non appartiene all’uomo, di quello che l’uomo non può e non deve controllare né violare, la parte più misteriosa di Gaia, il suo cuore verde. E’ la dea della Vita che si rigenera, e come tale è una dea giovane, irruente, indomabile, piena di forza.

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Può comparire sotto forma di lepre, di cervo, di quaglia, di orsa, di leonessa o di falce di Luna.

Il suo essere dea della caccia non è da vedere come una contraddizione: infatti Artemide è più che altro dea dell’istinto predatorio, così come dell’Istinto in generale: è l’Orsa che caccia per sfamare i suoi cuccioli, la leonessa che diventa tutt’uno con la preda. E’ l’istinto di sopravvivenza, la fame di vita. Così come non bisogna vedere contraddizioni nel suo essere vergine e al tempo stesso protettrice delle partorienti: Artemide protegge tutte le donne, le aiuta, le difende con la sua forza adamantina. La donne che danno alla luce meritano ancor più la sua protezione in quanto stanno mettendo al mondo dei cuccioli, stanno propagando la Vita, e in quel momento sacro, in quel rito di iniziazione e passaggio che è il parto, divengono Natura allo stato puro, pervase da un dolore-gioia che accomuna tutte le madri del mondo.

Artemide è vergine per i Greci perché in una società patriarcale una donna libera, indipendente e incontaminata doveva per forza essere una vergine, per essere considerata rispettabile, degna di onore pur non appartenendo a nessun uomo. In un mondo di uomini, la verginità la rendeva libera, mentre se si fosse “conceduta” a qualcuno il suo potere sarebbe diminuito.

Questo non implica che anche la divinità preellenica da cui Artemide deriva fosse vergine. In una società matrifocale, dove la donna non è considerata una proprietà dell’uomo, la verginità non costituisce necessariamente un valore, anche se può essere una scelta.

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In ogni caso, la verginità di Artemide la identifica con l’aspetto bianco della Triplice Dea: quello della fanciulla giocosa che va alla scoperta della vita, l’adolescente che scorrazza per i boschi posseduta dalla Spirito della Natura.

Gli attributi di Artemide sono l’arco e le frecce, la luna crescente, una veste gialla con il bordo rosso che arriva solo alle ginocchia per permettere di correre, una muta di cani da caccia (sei maschi e sette femmine), 60 oceanine e 20 ninfe bambine che si prendono cura dei suoi cani quando la dea non c’è.

Sono numerosi i miti che narrano di lei e delle sue imprese, mettendo in luce il suo temperamento. Tra i più famosi c’è quello di Aretusa e Alfeo. La ninfa dei boschi Aretusa, di ritorno da una battuta di caccia, si era spogliata e si stava rinfrescando con un bagno in un fiume quando il dio di quel fiume, Alfeo, la scorse e, acceso dal desiderio, la inseguì. Aretusa mentre fuggiva chiamava aiuto invocando il nemo di Artemide che, udite le grida della ninfa, arrivò in suo soccorso, la nascose in un alone di nebbia e la trasformò in fonte d’acqua cristallina.

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Alfeo e Aretusa rappresentati nella statua che si trova presso la fonte Aretusa, sull’isola di Ortigia, a Siracusa.

In un altro mito si racconta del cacciatore Atteone che, mentre vagava con i suoi cani per la foresta s’imbattè per caso nella dea e nelle sue ninfe che si bagnavano in uno stagno nascosto e rimase attonito a guardare. Quando se ne accorse, offesa da quell’indiscrezione, Artemide gli spruzzò dell’acqua sulla faccia, trasformandolo in un cervo, così che i suoi cani si scagliarono contro il loro stesso padrone. Preso dal panico, Atteone cercò di fuggire ma venne raggiunto e sbranato.

Artemide uccise anche un altro cacciatore, Orione, secondo alcune versioni del mito l’unico uomo da lei amato, con cui trascorreva lungo tempo nei boschi. Apollo, che si sentiva offeso dall’amore della sorella, quando un giorno vide Orione nuotare in mare con la testa a pelo dell’acqua, chiamò Artemide, che si trovava poco distante, le indicò un oggetto scuro nell’oceano e le disse che non sarebbe mai riuscita a colpirlo. Provocata dalla sfida del fratello e non sapendo che l’oggetto contro cui mirava fosse la testa del suo amato, Artemide scoccò una freccia e lo uccise. Successivamente, la dea pose Orione fra le stelle e gli diede uno dei suoi cani, Sirio, la stella principale della costellazione del Cane, affinché lo accompagnasse nei cieli. Così, il solo uomo da lei amato fu vittima della sua natura competitiva.

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Secondo altre versioni invece Artemide non amava Orione, e lo uccise facendolo mordere da uno scorpione quando egli la provocò dicendole di essere un cacciatore più abile di lei. Per questo in cielo la costellazione dello Scorpione insegue sempre quella di Orione…

Affascinante e misterioso è anche il mito che narra la storia di Callisto (che in origine non era altro che una manifestazione di Artemide stessa, e ci riporta all’argomento della verginità e della castità). Callisto era figlia di Licaone, Re dell’Arcadia, ed era anche una compagna di caccia di Artemide. Come tale, decise di prendere il voto di castità. ma un giorno Zeus le apparve sotto le sembianze di Artemide, o di Apollo in alcune versioni, conquistò la sua confidenza e le sedusse (o la violentò, secondo Ovidio). Il frutto di questo incontro fu la nascita adì un figlio, Arcas.

Irata, Artemide (o secondo altre versioni Era) trasformò Callisto in un’orsa. Arcas, quando la vide, non riconoscendo sua madre, quasi la uccise: Zeus lo fermò appena in tempo. Preso dalla compassione, Zeus mise l’orso Callisto in cielo, dando origine alla costellazione dell’Orsa. Alcune storie raccontano che egli posa sia Arcas che Callisto in cielo come orsi, formando le costellazioni Ursa Minor e Ursa Major.

Ursa major

Ursa major

Questo mito contiene probabilmente tracce sia degli antichissimi culti sciamanici dell’orso in uso nell’Europa neolitica, sia sull’evoluzione della figura di Artemide: considerando infatti che, come detto prima, in origine Callisto era un epiteto della stessa dea, è interessante notare come quest’ultima punisca quella che in fondo non è altro che una parte (arcaica) di se stessa per non aver rispettato il voto di castità (così caro ai Greci), proprio trasformandola in un’orsa, simbolo antichissimo della Dea Madre, dell’istinto e della potenza della Natura.

Artemide, dea della Luna, si sentiva perfettamente a suo agio nella notte, quando vagabondava per il suo regno selvaggio nella luce lunare o di una torcia. Nelle sembianze di dea della Luna crescente era collegata con altre due dee: Selene, la Luna piena, ed Ecate, la Luna nuova. Insieme le tre dee erano considerate una trinità lunare: Selene aveva potere in cielo, Artemide sulla Terra, Ecate nel misterioso mondo sotterraneo.

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Riporto un brano molto interessante a proposito della visione lunare, tratto da Le dee dentro la donna, di Jean S. Bolen:

La chiarezza con cui la cacciatrice Artemide centra il bersaglio è uno dei suoi tipici modi di ‘vedere’. Caratteristica di Artemide in quanto dea della luna è la ‘visione lunare’. Visto al chiaro di luna, un paesaggio si trasforma, i particolari si fanno indistinti, belli e spesso misteriosi. Lo sguardo viene attratto verso l’alto, verso i cieli stellati, oppure verso un’immagine ampia, allargata della natura. Al chiaro di luna chi è in contatto con la dimensione Artemide diviene parte inconsapevole della natura, per qualche istante in essa e tutt’uno con essa. Nel suo libro Women in the Wilderness, China Galland sottolinea che quando le donne vagano per luoghi selvaggi compiono anche un percorso interiore: “Andare per luoghi selvaggi implica il riconoscimento di una dimensione ‘selvaggia’ dentro di noi. Questo è forse il valore più profondo di una simile esperienza, il riconoscimento della nostra affinità con il mondo della natura.” Le donne che seguono Artemide nelle regioni impervie scoprono se stesse e per questo diventano più riflessive. Spesso fanno sogni più vividi del consueto e ciò favorisce in loro uno sguardo interiore. Vedono i luoghi interiori e i simboli onirici ‘al chiaro di luna’, per così dire, in contrasto con la realtà tangibile, e questo, alla vivida luce del giorno, lo si apprezza ancora di più.

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Invochiamo questa dea indomabile ed elusiva quando vogliamo attivare in noi l’archetipo della vergine guerriera, dell’Amazzone, della donna-dea completamente focalizzata sul suo obiettivo, che tende l’arco, prende la mira e scocca la freccia dorata centrando perfettamente il bersaglio. Artemide ci dona la forza dell’indipendenza, della concentrazione, della libertà di spirito. Inoltre accende in noi quella visione lunare che ci permette di vedere noi stesse e il mondo che ci circonda sotto un’altra luce, con lo sguardo proprio di un essere della Natura. Artemide risveglia il nostro sesto senso, l’esattezza di chi agisce guidato dall’istinto e dall’intuizione anziché dal ragionamento. Ci pervade di Vita, di forza rigenerante. Ci permette di intuire con estrema lucidità che siamo Natura divina, che fra noi e la foresta non c’è alcuna differenza, che dentro di noi ci sono boschi illuminati solo da una falce di Luna, abitati da animali selvaggi, che abbiamo dalla nostra parte l’immensa e inesauribile energia della Vita, che ci sostiene proprio quando decidiamo di ascoltare il nostro istinto, di seguire nuotando il suo flusso.

Artemide protegge tutte le donne in difficoltà, in particolare coloro che subiscono abusi da parte di uomini, e tutte le madri che stanno dando alla luce i loro cuccioli. Inoltre protegge gli animali, i boschi e i luoghi incontaminati.

Celebriamo la dea recandoci in boschi o in luoghi selvaggi, se possibile durante notti di luna crescente, sintonizzandoci con il battito del cuore della Natura, con il respiro animale che ci anima, sviluppando la nostra visione lunare e ascoltando il nostro istinto. Se vogliamo, corriamo per il bosco, oppure bagnamoci in fiumi o cascate. Sentiamoci vive, forti, libere, intere. Abbiamo tutto il diritto di esserlo. Sentiamo che la dea è tutt’intorno a noi: è il corpo del bosco, lo sguardo della Luna, il respiro degli alberi e della Terra, canta con la voce dei ruscelli, ci sfiora con il vento entrando dentro di noi e vivificando ogni nostra cellula. Al tempo stesso la dea è anche già dentro di noi, da sempre, in quei luoghi del nostro inconscio ricoperti da foreste inesplorate, che attende tra i tronchi che noi la scopriamo, stringendo in una mano il suo magnifico arco d’oro, carezzando un lupo con l’altra. E, a volte, si trasforma in un’orsa…

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Bibliografia e sitografia:

-Bolen J.S., Le dee dentro la donna, Astrolabio, Roma 1991

-Monaghan P., Dizionario delle dee e delle eroine, Edizioni Red!, Milano 2004

-Wikipedia (inglese): https://en.wikipedia.org/wiki/Artemis

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Posizione del Pesce (Matsyasana)

Narra il mito che un giorno il dio Shiva, seduto sulla spiaggia di un’isola, stesse istruendo la sua sposa Parvati sulla pratica dello yoga, non accorgendosi però di un piccolo pesce che, nascosto tra le onde che si infrangevano sul bagnasciuga, ascoltava rapito tutte le sue parole. Quando i due déi si resero conto della presenza del piccolo intruso era troppo tardi: questi si era già dileguato tra i flutti, portando con sé tutti i segreti che aveva appreso. Il pesciolino nuotò per chilometri e chilometri, mentre elaborava e metteva a frutto dentro di sé gli insegnamenti che aveva carpito a Shiva. Tale era la potenza di questi insegnamenti che il pesciolino, nel breve spazio del suo viaggio a nuoto, passò attraverso tutte le tappe del percorso evolutivo finché, quando al termine del viaggio giunse a riva, sul continente, si era infine trasformato in un uomo. Quest’uomo, che si chiamò Matsyendra (Matsya in sanscrito significa “pesce”), fu il primo yogin della storia, e attraverso il suo insegnamento la scienza dello yoga poté essere conosciuta dagli esseri umani.

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Matsyasana è una posizione semplice ma potente, che stimola i chakra Vishuddha (gola), Anahata (cuore) e Svadhisthana (organi genitali). Mentre la si esegue, ci si sente come trasportati da un’onda di energia, come pesci nella corrente, attraversati da un sensazione di leggerezza, apertura e fiducia.

Matsyasana compensa la posizione di Tutto il corpo sostenuto (http://bit.ly/1EBo5ou), eseguita regolarmente contribuisce a curare costipazioni, bronchiti croniche, asma; previene raffreddori e mal di gola, stimola dolcemente la tiroide, tonifica la regione lombo-sacrale, i genitali e il sistema nervoso. E’ controindicata in caso di artrosi cervicale.

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Simbolo di Vishuddha chakra

L’asana

Siediti a terra, con le gambe unite stese in avanti e il busto eretto. Inspira profondamente e, espirando, piega il busto all’indietro, portando gli avambracci e i gomiti a terra.

Inspira profondamente spingendo in fuori il petto e, espirando, fai scivolare le braccia in avanti e la testa indietro, fino a toccare il suolo con il vertice del capo. I gomiti a terra aiutano a sostenere il busto arcuato, la mani poggiano sulle cosce (oppure si infilano sotto ai glutei), il bacino poggia a terra.

Mantieni la posizione, concentrando l’attenzione sulla respirazione toracica, per 5-10 respiri, aumentando gradualmente giorno per giorno. Per uscire dalla posizione inspira e, espirando, lasciati scivolare a terra.

Se lo desideri, è possibile eseguire l’asana anche tenendo le gambe intrecciate nella posizione del loto. L’effetto risulta più intenso e viene stimolato anche il chakra della radice, Muladhara.

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Letture consigliate:

-Cella G., Il grande libro dello yoga, Rizzoli, Milano 2009

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Tutto (o quasi) sul magnesio

Cos’è?

Il magnesio è un minerale essenziale per la vita dell’organismo umano e rappresenta solitamente lo 0,05% (circa 25 grammi) del peso corporeo totale. Il 70% circa di esso si trova nelle ossa, insieme a calcio e fosforo, mentre il rimanente 30% è situato nei tessuti molli e nei fluidi dell’organismo. Del magnesio ingerito tramite il cibo o gli integratori si assorbe a livello dell’intestino (ileo e colon soprattutto) il 30-40%, mentre il resto viene eliminato con le feci.

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La sua assorbibilità dipende dalla solubilità in acqua dei sali a cui è legato. Ecco perché per esempio il cloruro è ben assorbito a differenza dell’idrossido.

Il suo simbolo chimico è Mg (da non confondere con il manganese: Mn) e si tratta di un minerale alcalino-terroso.

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A cosa serve?

Il magnesio è fondamentale per il corretto svolgimento di moltissimi processi metabolici essenziali, tra i quali la produzione di energia del glucosio, la sintesi delle proteine dell’acido nucleico (DNA), la formazione dell’urea, il tono vascolare, la trasmissione degli impulsi muscolari, la stabilità elettrica delle cellule, la trasmissione degli impulsi nervosi, i meccanismi di contrazione del cuore. Inoltre è cofattore di più di 300 reazioni enzimatiche, il che significa che la sua presenza innesca, agevola e accelera l’azione degli enzimi, che sono coloro che rendono possibili le reazioni metaboliche del nostro organismo (dalla digestione dei cibi alla produzione di molecole di ATP, ovvero di carburante per le nostre cellule).

A livello neuromuscolare, contrastando l’effetto stimolante del calcio, il magnesio svolge un ruolo importante per le contrazioni, contribuendo anche a ridurre la cosiddetta “spasmofilia”, quella particolare condizione fisica ed emotiva strettamente legata allo stress: ipereccitabilità muscolare (tremori, spasmi, crampi), sensazione di ansia, tachicardia o extrasistole funzionali, diarrea emotiva, sensazione di nodo alla gola o alla bocca dello stomaco, difficoltà a rilassarsi e ad addormentarsi, risveglio nel mezzo della notte senza possibilità di recuperare il sonno…

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Il magnesio aiuta anche a regolare l’equilibrio acido-alcalino dell’organismo alcalinizzando i tessuti, e stimola l’assorbimento e il metabolismo (ovvero l’elaborazione delle sostanze da parte del nostro organismo per renderle utilizzabili) di altri minerali quali il calcio, il fosforo, il sodio e il potassio, nonché di tutte le vitamine del complesso B, la vitamina C e la E. Il magnesio è un sostegno indispensabile per la crescita delle ossa ed è necessario per il corretto funzionamento di nervi e muscoli, compreso quello cardiaco. E’ inoltre associato alla regolazione della temperatura corporea.

La maggior parte del magnesio presente nel nostro corpo si trova all’interno delle cellule, dove regola l’equilibrio elettrostatico, le reazioni enzimatiche, la comunicazione con le altre cellule e tiene il calcio all’esterno della membrana.

La concentrazione di magnesio intracellulare è fondamentale nel modulare l’azione insulinica (controllando l’iperglicemia), pertanto, in caso di carenza di magnesio, aumentano le probabilità di sviluppare sindromi insulino-resistenti e diabete alimentare, mentre il ripristino delle normali concentrazioni intracellulari di magnesio contribuisce a recuperare un migliore metabolismo degli zuccheri.

Il magnesio è fondamentale inoltre nella prevenzione degli attacchi di cuore e delle trombosi coronariche. Gli  integratori di magnesio possono proteggere da ischemie cardiache (che non sono  altro che da mancanza di ossigeno del muscolo cardiaco causata da spasmi o restringimenti e intasamenti delle arterie coronarie).

Esso sembra avere una certa importanza nel controllare il modo in cui le cariche elettriche vengono utilizzate dall’organismo per indurre il passaggio degli elementi nutritivi all’interno e all’esterno delle cellule.

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Il magnesio è inoltre efficace nel trattamento di disturbi neuromuscolari, nervosismo, scoppi d’ira, sensibilità al rumore, insonnia, depressione e tremori alle mani (sintomi spesso causati proprio da una carenza di questo minerale).

La sindrome premestruale viene alleviata dal magnesio, che diminuisce sia i dolori spasmofilici e il mal di testa, che gli sbalzi di umore.

Inoltre il magnesio può aiutare a ridurre, insieme alla vitamina B, le dimensioni dei calcoli renali di ossalato e a prevenire l’accumulo di depositi di calcio nel tratto urinario, rendendo calcio e fosforo solubili nelle urine.

E’ il magnesio, e non il calcio, il responsabile della formazione di quello smalto dei denti che resiste alla carie. Poiché le cellule delle ossa contengono la maggior quota di magnesio di tutto il corpo, è da lì che esso viene prelevato in caso di carenza, contribuendo a lungo andare allo svuotamento delle riserve minerali ossee e allo sviluppo di patologie quali l’osteoporosi (non solo causata da carenza di calcio, ma anche di magnesio). Essendo il magnesio molto alcalino, agisce come antiacido e può essere utilizzato in sostituzione di prodotti antiacidi comuni.

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Infine, il magnesio è fondamentale per la detossificazione epatica. La prima fase della detox infatti necessita di enzimi (ossidasi) che sono magnesio-dipendenti. Inoltre le altre fasi dipendono da coenzimi derivati da vitamine di gruppo B, e il magnesio interviene nei meccanismi di trasformazione delle vitamine in coenzimi, entrando dunque nei processi di detossificazione epatica sia direttamente che indirettamente.

Cosa succede in caso di carenza?

Dopo questa panoramica sulle funzioni del magnesio, risulta evidente quanto una sua carenza possa mettere in difficoltà il nostro organismo.

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In teoria, dovrebbe essere difficile andare in carenza di magnesio. Trattandosi di un minerale così importante per il nostro funzionamento, Madre Natura ha fatto sì che possiamo trovarlo in numerose e abbondanti fonti alimentari. E invece purtroppo oggi la carenza di magnesio è un fenomeno molto comune. Secondo numerosi studi, l’alimentazione moderna è particolarmente carente di magnesio e circa un individuo su venti (ma anche di più) ha questa scarsità subclinica (occorre anche far presente a tale riguardo che le normali analisi del sangue non bastano a svelare eventuali carenze, poiché il magnesio è presente soprattutto a livello intracellulare. Per avere un’idea precisa occorre fare il mineralogramma, analizzando il capello).  Carenze gravi di magnesio possono manifestarsi in persone affette da diabete, in quelle che assumono diuretici o preparazioni a base di digitale, nelle persone anziane, in quelle che soffrono di pancreatite, sindromi di malassorbimento intestinale, alcolismo cronico, disfunzioni renali, cirrosi epatica, arteriosclerosi, nei fumatori e in chi assume la cosiddetta “pillola” anticoncezionale o la terapia ormonale sostitutiva. Hanno inoltre un aumentato fabbisogno di magnesio le donne in gravidanza o allattamento.

Ma a parte queste carenze gravi, ci sono numerosissimi casi di carenze subcliniche che, senza avere conseguenze drammatiche nell’immediato, causano però tanti disturbi più o meno piccoli, abbassando notevolmente la qualità di vita e preparando il terreno per lo sviluppo di malattie più gravi con il passare del tempo.

Sintomi di carenza subclinica di magnesio sono: nervosismo, insonnia, crampi muscolari, vertigini, sbalzi d’umore, tendenze depressive, stanchezza, aritmie.

Oltre a non assumerne a sufficienza tramite l’alimentazione, molti di noi ne consumano una grande quantità per via di ritmi di vita stressanti o di frequenti attacchi d’ira o di ansia o nervosismo: durante questi episodi infatti, e più in generale in ogni situazione in cui il nostro organismo viene sottoposto a un qualunque tipo di stress (essere in ritardo, arrabbiarsi, essere in agitazione, piangere, rievocare nella propria mente eventi spiacevoli tornando a innervosirsi, eccetera), le nostre cellule consumano magnesio e, se dopo l’evento stressante non c’è sufficiente magnesio a disposizione, le cellule tendono a mantenere lo stato di tensione e allerta, senza potersi rilassare. Ed ecco quindi le contrazioni, l’irrequietezza, il continuo rimuginare…

Come fare dunque?

Il magnesio è presente, a livello alimentare, in frutta e verdura (soprattutto quella a foglia verde), semi oleaginosi (semi di girasole, lino, zucca, sesamo e soprattutto mandorle), arachidi, cacao, legumi, in particolare ceci, cereali integrali, noci, germogli.

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Considerando che la coltivazione con pesticidi e fertilizzanti chimici ha notevolmente impoverito il tenore in minerali della nostra Terra, in caso di aumentato fabbisogno di magnesio (assunzione della pillola o di farmaci, fumo, alcool, stress, gravidanza, sforzi fisici, elevata sudorazione…) può non essere sufficiente il semplice apporto alimentare. Si consiglia in ogni caso di cercare di acquistare e mangiare sempre frutta e verdure biologiche: oltre e rispettare la Terra e a non violentarla deprivandola di tutti i suoi elementi nutritivi e inquinandola, l’agricoltura biologica (quella vera) garantisce tendenzialmente anche una migliore qualità nutrizionale dei suoi prodotti. Infatti, essendo il suolo coltivato con il metodo biologico e biodinamico più ricco e fertile, i suoi frutti saranno automaticamente più ricchi in vitamine e minerali, oltre che naturalmente più gustosi! E’ facile rendersi conto che la verdura coltivata con il metodo convenzionale non contiene quasi nulla a livello nutritivo (a parte i residui dei pesticidi), dal fatto che non sa più di niente! Mangiare un pomodoro coltivato con il metodo convenzionale è come mangiare acqua.

(Sì, il biologico di solito costa un po’ di più. Ma ci sarà una ragione se i prodotti non biologici costano così poco! Non è che i contadini biologici si vogliono arricchire. Il cibo che mangiamo diventa la sostanza di cui siamo fatti. Fatevi due conti: meglio spendere di più per mangiare e di meno per vestirsi o per il cellulare, oppure meglio mangiare cose morte e avvelenate rischiando di sviluppare malattie e sempre più intolleranze alimentari per poi però comprarsi scarpe di marca e spendere cifre senza senso per apparecchiature tecnologiche? A voi la scelta.)

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Detto ciò, si rende spesso necessario l’utilizzo di integratori di magnesio. Sul mercato ce n’è davvero molti, di diverso tipo. In linea generale, quando ci si trova a dover scegliere, è meglio prediligere il magnesio cosiddetto organico.

Infatti, a meno che non si utilizzi il magnesio per scopi lassativi (nel qual caso possiamo ricorrere al magnesio ossido o idrossido), il magnesio inorganico, ovvero legato e minerali inorganici (magnesio carbonato, ossido, cloruro, solfato), rimane nel sangue, senza riuscire a penetrare all’interno delle cellule, dove più serve. La membrana cellulare infatti non riconosce i sali inorganici e non li fa passare al suo interno. Il magnesio inorganico quindi servirà per alcalinizzare il sangue, come rilassante muscolare e in alcuni casi come lassativo, ma non penetrando nelle cellule non andrà a sanare la carenza di magnesio del nostro organismo e verrà eliminato molto in fretta. Invece le forme organiche di magnesio (pidolato, orotato, lattato, fumarato, taurato, piruvato, gluconato) riescono a entrare nelle cellule, garantendo una più alta biodisponibilità del minerale, un migliore assorbimento e di conseguenza una maggiore efficacia, soprattutto nel lungo termine. Per il trattamento della sindrome premestruale, della spasmofilia, dell’ipercolesterolemia e per la prevenzione dei rischi cardiocircolatori, è decisamente al magnesio organico che bisogna ricorrere.

Distrutto/antagonizzato da:

Il magnesio è parzialmente perso con la cottura degli alimenti, antagonizzato da alcol, fumo, eccesso di zuccheri e latte, pillola, vitamina D sintetica, alcuni diuretici, tetracicline, raggi X, estrogeni, antidepressivi.

Interazioni:

L’ipertiroidismo, l’ipoparatiroidismo, l’iperattività surrenalica (sia corticale che midollare) producono un’aumentata escrezione del minerale. I metalli tossici, un eccesso di forsoro, di calcio, di acido fitico, di proteine, di zuccheri (diete iperproteiche o con un eccesso di carboidrati) interagiscono negativamente con il magnesio. Giuste quantità di vitamine del gruppo B, della C e della D, nonché un giusto rapporto con fosforo e calcio ne migliorano l’utilizzazione.

Indicazioni in naturopatia:

attività enzimatica del cuore: trattamento preventivo delle patologie cardiache

asse dello stress: il magnesio è fondamentale per la conduzione dell’impulso nervoso e muscolare. La sua presenza determina la decontrazione e il rilassamento muscolare attraverso il richiamo del calcio che aveva innescato la contrazione, così come a livello della placca neuromuscolare inibisce il rilascio di acetilcolina con effetto miorilassante

funzione energetica: il magnesio partecipa massicciamente dei processi di produzione energetica, fungendo da attivatore di numerosi enzimi

detossificazione epatica (direttamente e indirettamente)

sindrome premestruale: attraverso il miglioramento della detox epatica, il magnesio contribuisce al catabolismo degli estrogeni, migliorando i sintomi della SPM

spasmofilia

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Dosaggi:

RDA: circa 300-400 mg al giorno.

In terapia si arriva a 1 g al giorno.

Controindicazioni e sovradosaggio:

Va evitata l’assunzione di integratori a base di magnesio in caso di insufficienza renale. La tossicità dovuta a sovradosaggio è  minima, grazie all’abilità dei reni di eliminare il magnesio in eccesso (sino a 60 gr al giorno).

Una cosa bella:

Il magnesio è molto presente nelle verdure a foglia verde perché il colore verde di queste dipende dalla presenza di clorofilla, chiamata da alcuni “sangue vegetale” per la sua notevole somiglianza di struttura chimica: la molecola di emoglobina contiene al suo centro del ferro, mentre quella di clorofilla del magnesio. A parte questo, la somiglianza è quasi perfetta! Il magnesio è per le piante quello che il ferro è per noi!

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Bibliografia:

-Kirschmann G. e J., Almanacco della nutrizione, Alfa Omega Editrice (ed. americana: McGraw-Hill), Roma 1999

-Pennisi L., Nutrizione in naturopatia, Tecniche Nuove, Milano 2008

-Riefoli M., Mangiar sano e naturale, Macro Edizioni, Cesena 2011

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Meditazione della Spiaggia e del Corpo che Scompare

Questa meditazione si può svolgere in qualsiasi momento ma è perfetta da eseguire al termine di una sessione di yoga, dopo il rilassamento. E’ una meditazione che sintonizza con i ritmi naturali, a partire da quello del nostro respiro, ricarica intensamente il terzo chakra e rende lo stato di rilassamento ancora più profondo, facendoci sentire uno con il Respiro del Cosmo.

Un’altra occasione in cui si può svolgere questa meditazione è quando ci si trova in spiaggia, magari sdraiati sul bagnasciuga, i piedi e i polpacci lambiti dalle onde…

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Sdraiati in posizione supina, rilassa i muscoli del corpo, in particolare quelli delle spalle e del viso, chiudi gli occhi dolcemente e respira. Lascia che i rumori al di fuori di te, nella stanza o nella strada, ti attraversino. Osservali senza partecipare, come se tu fossi trasparente, non offrire nessuna resistenza. Lascia che la tua consapevolezza, come un fiume, inondi ogni parte del tuo corpo, ogni distretto, scivolando con l’attenzione dalla punta dei piedi fino al cranio, gli occhi, la bocca. Connettiti al tuo respiro, lascia che scorra completo e profondo. Ogni volta che inspiri, senti l’energia del Cosmo entrare dentro di te, dalle tue narici, e scendere lungo la colonna vertebrale; ogni volta che espiri, senti l’energia diffondersi dal tua centro verso ogni parte del corpo e oltre, come onde concentriche… Inspira ed espira. E’ questo che ti permette di vivere. Abbandonati alla Terra che ti sorregge, ora sei al sicuro. Ora sei calma, sei tranquilla adesso.

Ti trovi su una spiaggia, sdraiata sul bagnasciuga. E’ una giornata di Sole e Cielo terso e il Mare è calmo. Le onde che arrivano ti lambiscono i piedi e salgono su fino ai tuoi polpacci, scivolano indietro e poi tornano di nuovo. Ogni volta che inspiri, un’onda ti bagna i piedi e i polpacci, ogni volta che espiri, l’onda si ritira. Tu e il mare avete lo stesso Respiro. Percepisci l’acqua che ti lambisce le gambe, assaporane la sensazione fresca, leggermente schiumosa, senti la sabbia comoda e calda che accoglie il tuo corpo, senti l’odore di sale e Sole che ti avvolge. Respira profondamente. Facendo attenzione, ti accorgi che anche la Terra sotto di te sta respirando, anche la Sabbia sotto al tuo corpo rilassato si alza leggermente e si abbassa in sintonia con il tuo respiro e con quello del Mare.

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Al centro del cielo brilla il Sole e i suoi raggi piovono sulla Terra e ti attraversano, trafiggendo ogni tua cellula di Luce. In particolare, i raggi colpiscono la zona del tuo plesso solare, il tuo terzo chakra: c’è come un canale di Luce che collega il Sole al centro della tua pancia. E’ una sensazione piacevole e tu senti le vibrazioni dei raggi attraversarti e ricaricarti, così come stanno facendo con tutto il resto del mondo: attraversano e ricaricano ogni molecola d’acqua del Mare e ogni granello di Sabbia della spiaggia. Anche il Sole nel Cielo respira, il suo disco d’oro pulsa a ritmo con il tuo respiro e quello della Terra, mentre i suoi raggi inondano di energia ogni particella dell’atmosfera.

Respira insieme agli elementi. Il Mare, la Terra e il Sole respirano insieme a te, condividete lo stesso ritmo, dolce e profondo. Senti il tuo terzo chakra vivificato dai raggi del Sole, che è suo Padre, senti come si gonfia e pulsa, risvegliato dall’energia del Sole. Sentine la potenza calma, lascia che si carichi, che risplenda sempre più intensamente, a ritmo con i tuoi respiri. E’ il tuo Sole personale, il centro della tua energia. Sentilo vivo.

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D’un tratto, ti accorgi che il tuo corpo è scomparso. Non ci sei più, ma la tua consapevolezza è rimasta, è rimasta la tua energia. Solo che ora non sei più separata dal Cosmo, non hai più confini. Ti sei fusa con il Mare, il Sole e la Sabbia, la tua coscienza si trova nel Respiro che vi unisce. Il tuo respiro è il Respiro del Cosmo. Tu sei Respiro e vibrazioni che si diffondono, consapevolezza che si espande, sei il Mare, sei il Sole stesso, sei la Terra, tutti contemporaneamente. Sei Energia pura, che pulsa ritmicamente. Abbandonati a questa sensazione, lascia che il Respiro ti porti. Non ti devi più preoccupare per il tuo Io, ora non esisti più se non come coscienza che contempla la Bellezza dell’Adesso. E l’Adesso sei tu, l’Adesso è nel tuo respiro. Puoi quasi sentire il suono celestiale della sua vibrazione che si diffonde.

Quando ti senti pronta, ringrazia e saluta dolcemente la Spiaggia, il Mare e il Sole. Sempre respirando profondamente, torna nella stanza in cui si trova il tuo corpo materiale. Percepisci la Terra sotto alla tua schiena, che si tratti del pavimento o di una spiaggia. Senti il suo sostegno. Sempre respirando e con i tuoi ritmi, torna ad abitare il tuo corpo e risveglialo dolcemente. Inizia muovendo le dita dei piedi e delle mani, stiracchiati. Quando vuoi, apri gli occhi.

OM. Shanti. Shanti. Shanti.

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Tormalina Nera, la pietra della Purificazione

La Tormalina è un minerale primario che si forma nelle rocce plutoniche, ovvero quelle che solidificano più in profondità sotto alla crosta terreste, intrudendosi nel magma e poi risalendo verso la superficie in un lento viaggio che può durare migliaia di anni, portando con sé il proprio messaggio evolutivo cristallizzato nelle viscere alchemiche della Terra.

Esistono Tormaline di svariati colori (verdi, rosa, marrone, blu, gialle…), poiché la caratteristica delle Tormaline è la struttura, che rimane costante nonostante i componenti chimici possano cambiare, donando alla pietra un colore e proprietà di volta in volta diverse.

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La Tormalina nera, o Sciorlo, di cui ci occuperemo qui, costituisce il 95 percento di tutta la Tormalina finora rinvenuta sul pianeta Terra ed è costituita da sodio e ferro. E’ una pietra nota fin dall’antichità, che i maghi medievali utilizzavano durante gli incantesimi come protezione contro i “demoni della Terra”. Il nome “Sciorlo” deriva dal nome con cui nel Medioevo veniva indicato un paese della Sassonia oggi detto Zschorlau, dove si trovavano miniere di alluminio all’interno delle quali si rinveniva spesso anche questa Tormalina. Per quanto riguarda invece l’etimologia del termine Tormalina, deriva probabilmente dal cingalese turamali (molta della Tormalina in commercio proviene proprio dallo Sri Lanka), che significa “pietra che attira la cenere”. Infatti una delle caratteristiche più interessanti di questa pietra, che si riflette anche sul piano energetico, è la sua capacità di caricarsi elettricamente, sia se riscaldata (piroelettricità) sia se sottoposta a una certa pressione (piezoelettricità), trasformandosi in un magnete.

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Nella tradizione araba questa pietra era ritenuta un simbolo del Sole, in grado di rafforzare il cuore e di proteggere dagli incubi.

In effetti, la Tormalina è un vero e proprio Sole nero, che concentra in sé un potenziale energetico enorme e radiante. Le sue proprietà eterico-fisiche la rendono inoltre una pietra in grado di incanalare le energie negative e inquinanti, non assorbendole ma trasmutandole, creando un vortice energetico che cambia il segno alla forza che lo attraversa. Questo le viene permesso anche grazie alla sua struttura di lunghe striature che corrono perfettamente parallele, incanalando i raggi elettrici della luce che trasformerà immediatamente le vibrazioni più dense in flussi energetici positivi. La Tormalina nera tesse un’intricata rete di luce nella nostra aura, donandoci gioia, forza, pace, e purificandoci dalle interferenze negative, liberandoci dai parassiti energetici, rafforzando il nostro campo aurico e innalzando le sue vibrazioni. Più alta è la frequenza a cui vibriamo, più difficile è per le malattie e i parassiti (sia fisici che eterici!) attaccarci, in quanto queste entità hanno frequenza vibratorie molto basse. La Tormalina nera, aumentando le nostre frequenze, ci dona integrità e protezione, innalzando uno scudo energetico intorno a noi. Ci protegge inoltre anche dalle energie negative che provengono dall’interno di noi stessi (in fin dei conti, tutto ciò che accade accade dentro di noi, non altrove), neutralizzando nevrosi ed emozioni deleterie come collera, risentimento, gelosia e insicurezza.

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La Tormalina nera è utile anche per incanalare l’energia e farla scorrere da un chakra all’altro, e in particolare per radicare alla Terra il chakra della radice, Muladhara. Con il suo nero profondo e luminoso, la Tormalina ci fa sentire sicuri sulla Terra, ci offre protezione e uno spazio sicuro in cui agire, ci fa sentire con pienezza il nostro diritto a esistere. Questa è naturalmente anche una conseguenza del sua rafforzamento delle vibrazione auriche, in quanto un’elevata frequenza vibratoria ci fa sentire più sicuri, limpidi, interi e protetti, liberandoci dall’insicurezza, dalla tensione, dalla titubanza e dalla maldestrezza tipiche di chi non si sente autorizzato a esistere, oppure è vittima di sanguisughe energetiche.

Indossare una Tormalina nera o assumere gocce del suo elisir di gemma ci possono aiutare a purificare il nostro campo energetico da scorie e agenti inquinanti di ogni tipo: psichici, eterici e fisici. Infatti questa pietra fenomenale è anche un’ottima protezione contro i campi elettromagnetici, come quelli per esempio generati dalle apparecchiature elettroniche da cui siamo quasi perennemente circondati.

La Tormalina, grazie alle sue proprietà e alla sua splendida, generosa energia di Sole nero, attrae verso di sé le radiazioni elettromagnetiche e le trasforma. Questo è il suo grande potere: non le assorbe, non le tiene dentro di sé caricandosi di negatività, ma si comporta come un catalizzatore, tramutando le energie, cambiando la loro carica da negativa in positiva! Questa è un proprietà fantastica che tutti noi dovremmo fare nostra e che rende la Tormalina nera una pietra estremamente attuale – non a caso è dagli anni Ottanta che si è iniziato a rinvenire grandi quantità di questa pietra, che affiora dalle viscere di madre Terra proprio in questo momento della nostra evoluzione…

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Sistemando una Tormalina vicino al computer, al modem, al cellulare o a qualunque altra fonte di inquinamento elettromagnetico, possiamo proteggerci dalle radiazioni e contare sul potere trasformante di questa preziosa pietra. Inoltre, la Tormalina è ottima da utilizzare nei rituali di purificazione dei luoghi, durante i quali “risucchia” verso di sé tutti i “demoni” e le energie malefiche presenti in un posto, liberandoli in seguito nell’atmosfera in vortici di energia pulita.

Sistemata ai quattro angoli di una stanza, crea una griglia di purificazione e di protezione.

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Mettere una Tormalina nera sotto al cuscino quando si dorme, oltre a proteggere da eventuali campi elettromagnetici (a questo proposito, ricordo che, visto che il sonno è un momento delicato e importantissimo della nostra vita, durante il quale il nostro corpo si autopulisce e il nostro spirito esce dal corpo fisico per compiere viaggi in astrale, è buona norma dormire in stanze prive di fonti di inquinamento di ogni genere, provvedendo a spegnere ogni dispositivo elettronico presente), provvede a scaricarci di tutte le energie negative accumulate durante la giornata, donandoci sogni limpidi (questo lo dico per esperienza: dormire con una Tormalina mi procura sempre sogni particolarmente chiari, forse per via della protezione che la pietra mi offre contro le intrusioni esterne).

Sul piano meramente fisico, la Tormalina nera è utile come energizzante, come antinfiammatorio e ovviamente per proteggere da qualsiasi tipo di radiazioni.

Utilizzata in cristalloterapia, la Tormalina può effettuare dei veri e propri esorcismi, attirando fuori dal corpo le energie parassitarie che lo abitano, purificando l’aura, ripulendo il campo energetico del cliente e sintonizzandolo su una frequenza vibratoria limpida, compatta, elevata.

Appoggiata sui chakra, la Tormalina nera genera dei vortici di energia trasformativa che mettono in contatto l’interno con l’esterno, liberando le energie contenute nel corpo, sciogliendole, movimentandole, creando un turbine che si fonde con le energie provenienti dal cosmo, attratte verso il chakra dalla Tormalina stessa. Si crea così, grazie alla pietra, un vortice in cui le energie malefiche vengono inevitabilmente trasmutate, risintonizzandosi con le frequenze più alte.

Questa sua caratteristica, rende la Tormalina uno dei costituenti fondamentali dell’orgonite, (http://www.orgonite.info/), un dispositivo in grado di trasformare le energie negative di un ambiente in energie di luce.

Infine, si possono sistemare pezzi di Tormalina nera nei vasi delle piante: questo, oltre a proteggere le piante da parassiti di ogni genere, farà sì che l’energia rigenerante delle piante stesse venga potenziata e meglio diffusa nell’ambiente.

La Tormalina nera è un canale e uno scudo magico, che non lascia penetrare le energie dannose ma le riflette trasformate. E’ un altro grande dono di madre Terra, una pietra di immensa saggezza e potere, come diceva già Bernardo Caesius nel XVII secolo, definendo la Tormalina “simbolo di quella saggezza che rimane luminosa anche di fronte alle vicissitudini del destino”.

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La sua saggezza deriva dalla capacità di trasmutare l’energia, che la rende invincibile e le dona anche una qualità riequilibrante molto potente.

Tra tutte le pietre e i cristalli, la Tormalina nera è, paradossalmente, una di quelli che necessitano di venire puliti e ricaricati meno spesso! Questo perché riesce a tenersi pulita da sé, incanalando le energie ma non trattenendole e sempre trasmutando, esattamente come dovrebbe fare un buon terapeuta! E’ importante e grande la lezione che possiamo apprendere dalla Tormalina nera, questa Maestra scura e luminosa venuta a insegnarci in silenzio e a offrirci la sua protezione quando più ne abbiamo bisogno.

Katrina Raphaell durante una seduta di cristalloterapia

Katrina Raphaell durante una seduta

Secondo la grande esperta di cristalli e terapeuta Katrina Raphaell, la Tormalina è una dei minerali della Nuova Era, materializzato sul pianeta Terra da forme di vita più elevate per favorire la nostra evoluzione. Katrine Rapahell, nel suo libro La luce dei cristalli, dice a proposito della Tormalina nera: “Essa insegnerà ai suoi seguaci come conservare la propria radiosità anche nelle circostanza più sfavorevoli e come mantenere la consapevolezza spirituale vivendo in città inquinate, circondati da gente inconsapevole. Essa condivide i suoi segreti sul modo per piantare nella mente delle persone semi spirituali destinati a sbocciare in germogli di consapevolezza.”

Nel repertorio di essenze alaskane, l’elisir di gemma Black Tourmaline è utile per proteggere dalla tossicità ambientale, per aiutare in caso di jet-lag o in caso di sovraccarichi di energie ambientali. E’ molto utile per le persone ipersensibili o esposte a lungo a televisione, computer, luci fluorescenti e altre fonti di inquinamento. Serve a detossificare in modo equilibrato a livello fisico, emotivo e mentale. Black Tourmaline è “uno strumento di precisione per la liberazione di energia tossica o stagnante trattenuta nei corpi sottili, nel corpo fisico e nell’ambiente; assorbe le energie disarmoniche e le scambia con energia fresca e incontaminata, aiuta a creare lo spazio neutrale necessario prima che possiamo successivamente invocare le energie positive nel nostro ambiente.” (S.Johnson, L’Essenza della Guarigione)

Parole chiave: purificazione, protezione, scudo energetico, radicamento, trasmutazione

Colore: Nero

Chakra stimolato: I

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La Visione della Tormalina nera:

Durante la meditazione con i cristalli, mentre mi trovavo sdraiata a terra supina, ho sistemato una Tormalina nera sul mio plesso solare, circondata da sei pezzi più piccoli di Tormalina rosa grezza, anche chiamata Rubellite, fantastica per movimentare energie ed elevarle alla frequenza del chakra del Cuore.

(Nel resto del corpo avevo: due punte di cristallo di rocca tra le caviglie, una rivolta verso il piede destro una verso il sinistro,; due punte di cristallo di rocca nelle mani, rivolte verso i polsi; un cristallo di rocca biterminato nella zona del VII chakra e una grossa punta di ametista appoggiata sul terzo occhio, rivolta verso il naso, per incanalare le energie cosmiche in entrata nel settimo chakra verso i chakra inferiori. Una volta sistemata, ho fatto passare alcune volte, lentamente e con attenzione, il cristallo che tenevo nella mano destra lungo la mia linea dei chakra, ascoltando i messaggi energetici che arrivavano dal mio corpo e riequilibrando l’energia dove necessario tramite il movimento del cristallo di rocca. Questa sistemazione dei cristalli serve per indurre un flusso di energia pulito in tutti i canali del corpo, connettendosi con le energie cosmiche, ed è ispirata ai preziosi insegnamenti di Katrina Raphaell. Meditando con i cristalli, è possibile percepire un’energia ad altissima frequenza percorrere i nostri corpi, pervadendoli di luce e visioni. Personalmente, benché mediti anche senza l’aiuto dei cristalli, trovo che meditare insieme a questi Maestri sia sempre un’esperienza inaspettata, ricca di sorprese e profondamente rigenerante, soprattutto utile in caso si voglia comunicare con gli Spiriti delle pietre o con altri Spiriti Maestri. I cristalli sono potenti, agiscono quando il loro campo elettromagnetico entra in contatto con la nostra aura e hanno un’efficacia immediata, soprattutto nel riequilibrare le energie dei chakra.)

Una volta entrata in stato meditativo con alcuni profondi respiri, l’effetto della Tormalina nera si è fatto sentire subito. Ma a differenza di come mi accade di solito, non ci sono state, almeno inizialmente, visioni…

Sono tutta nel corpo e i miei sensi sono accesi. Sento una specie di peso sul terzo chakra, proprio dove ho appoggiato le Tormalina. Ma il peso si trasforma in una sensazione di “stappo”, come se qualcosa si fosse sbloccato e ora avesse iniziato a scorrere. Sento la mia energia uscire come un vortice dal mio terzo chakra e fondersi con l’energia che proviene dal Cosmo, che ora è come risucchiata verso di me e si concentra proprio sul terzo chakra. Sopra al mio corpo steso si forma un grande tornado energetico, che ruota su se stesso donandomi una sensazione di piacere, liberazione, armonia. Il mio respiro si fa più ampio, più libero. Dal mio centro partono onde che mi percorrono tutta, formando cerchi concentrici. Nel mio terzo chakra sento splendere un Sole nero luminosissimo, che emette raggi di energia, di luce concentrata.

Vibrazioni ad altissima frequenza mi percorrono, ripulendomi e ricaricandomi. Le sento con forza e chiarezza. La mia energia si purifica e trasmuta, fondendosi con quella del Cosmo, che ora non sembra più provenire dall’esterno ma da dentro di me. Mi dissolvo in questo momento, lasciandomi attraversare dalle onde e fondendomi con esse.

Pulso di Luce. Vibro di Luce. Il centro dell’Universo è nel mio terzo chakra: Manipura.

E’ soltanto a questo punto che arriva un’immagine.

Vedo una magnifica cavalla nera, bellissima e possente, dal manto luminoso, che corre libera al galoppo attraverso una prateria dorata.

Questa cavalla è tutta nell’Adesso, si muove in un continuo presente ad altissima concentrazione. Nell’Adesso lei è intera e libera. E’ energia allo stato puro.

Parte da lei, dalla sua criniera, il vento che agita le foglie luccicanti degli alberi.

Tutta l’energia che permea questo spazio proviene da lei, che pulsa di Vita.

Io sono questa cavalla nera, collegata direttamente con la Fonte di energia primordiale, figlia del Sole, spazio di luce immensa dentro cui vibra tutto l’Universo, e corro al galoppo nella Luce, nessuno mi può fermare perché il movimento nella gioia è la mia stessa natura.

Sono Luce che vibra, il mio centro emette potenti raggi di energia mentre il mio Io limitato si lascia dissolvere…

Grazie Tormalina nera, grazie Maestri per gli insegnamenti che ci offrite.

OM. Shanti, Shanti, Shanti.

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Per approfondire:

-M.Gienger, L’arte di curare con le pietre, ed. Crisalide, Spigno Saturnia, 1997

-S.Johnson, L’Essenza della Guarigione, ed. Bruno Galeazzi, Bassano del Grappa, 2004

-K.Raphaell, La luce dei cristalli, ed. Verdechiaro, Baiso, 2012

-K.Raphaell, La guarigione dei cristalli, ed. Verdechiaro, Baiso, 2013

http://www.energymuse.com/blog/black-tourmaline-must-have-crystals/

http://www.eyeofhorus.biz/stones-crystals/black-tourmaline-schorl-meaning/

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Iside, Grande Madre, dea della Magia e della Guarigione

Iside è il nome greco di una divinità del pantheon egizio che gli Egizi erano soliti chiamare Aset. Nel geroglifico con cui si scrive il suo nome troviamo un trono (simbolo e copricapo di Iside), una pagnotta, un uovo e una donna accovacciata.

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Nell’Antico Egitto, a partire dalla Quinta Dinastia (2494-2395 a.C.), Iside era considerata madre dei faraoni, protettrice dei morti, dea delle arti magiche, dei rituali, dell’agricoltura. Più in generale, era la protettrice della civiltà, la Grande Madre divina, l’Anima che mai abbandona il suo amato. Iside è l’archetipo della moglie fedele e innamorata, della madre e della guaritrice. E’ colei che governa sapientemente le arti magiche, che conosce i rituali per il mantenimento dell’ordine.

Iside e Osiride rappresentano l’ordine supremo, la civiltà, la fertilità e la rinascita in questo mondo e nell’Oltretomba, opposti al fratello Seth, che invece rappresenta il caos, il deserto, l’odio, il principio distruttivo.

Le origini del culto di Iside sono oscure. Fino alla Quinta Dinastia il suo nome non viene menzionato e la dea non ha una città cultuale a lei dedicata. E’ a partire dalla metà del terzo millennio a.C. che, entrando a far parte dell’Enneade di Eliopoli, Iside inizia ad acquistare popolarità. I sacerdoti e le sacerdotesse raccontano i suoi miti, che la identificano come moglie e madre divina, nutrice dei faraoni e protettrice dei morti. Da questo momento in avanti, la fama di Iside non fa che crescere e il suo potere si espande. Le sue sacerdotesse sono guaritrici, interpreti di sogni e prevedono il tempo atmosferico, sul quale possono influire intrecciandosi oppure non pettinandosi i capelli. Con la conquista greca dell’Egitto e il processo di ellenizzazione che segue, il culto di Iside si espande a macchia d’olio nel vicino Oriente, in Grecia e nel mondo romano, divenendo una religione iniziatica. Iside è identificata fondamentalmente con il lato femminile dell’uomo: è la Luna, è madre, amante, sposa fedele, sacerdotessa e maga. E’ l’Anima che sempre accompagna l’Io maschile. E’ la perfetta compagna, donna saggia e innamorata, madre assidua, nemica pericolosa. La sua immagine diviene immensa, luminosa e potente, va a coincidere con quella della Natura stessa e ingloba molte altre dee (Demetra, Astarte, Afrodite…). Per questo uno degli epiteti di Iside diviene dea dai diecimila nomi.

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Iside in un rilievo di età ellenistica

“Eccomi qui, Lucio, commossa dalle tue preghiere: io madre della natura, padrona di tutti gli elementi, origine delle generazioni, divinità somma, regina degli Inferi, prima dei celesti, immagine uniforme degli dei e delle dee, io che governo ai miei cenni le luminose altezze del cielo, i soffi salubri del mare, i silenzi desolati dell’oltretomba. La mia divinità unica è venerata dal mondo in forme varie, con riti diversi, sotto molti nomi. I Frigi primigeni mi chiamano dea di Pessinunte e madre degli dei; gli autoctoni attici, Minerva cecropia, i Cipri marini, Venere Pafia, i Cretesi armati d’arco, Diana Dictinna , i Siculi trilingui Proserpina Stigia, gli antichi Eleusinii, Cerere Attea; altri Giunone, altri Bellona, altri Ecate, altri Ramnusia, e quelli che vengono illuminati dai raggi del sole nascente e da quelli del sole al tramonto, gli Etiopi delle due razze, e gli Egizi famosi per la loro antica dottrina, venerandomi con i riti corretti, mi chiamano col mio vero nome, Iside regina. Sono qui perché ho compassione delle tue disgrazie, sono qui misericordiosa e propizia. Smetti dunque i pianti e i lamenti, scaccia la tristezza. Per la mia provvidenza, splende il giorno della tua salvezza. Presta dunque attenzione scrupolosa ai miei ordini”.  (Apuleio di Madaura, LeMetamorfosi o L’Asino d’oro, XI, 5. Traduzione di G.Vitali)

Con l’avvento del cristianesimo, Iside viene anche identificata con la Vergine Maria, a cui regala alcuni dei suoi epiteti, tra cui Regina del Cielo. Come Iside, anche Maria verrà spesso raffigurata mentre allatta il suo figlio divino.

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Il tempio di Iside sull’isola di Philae fu l’ultimo tempio pagano d’Egitto a venire chiuso, nel VI secolo d.C. Il culto di Iside sopravvive ancora oggi, presso diverse tradizioni.

Iside è figlia di Nut e di Geb, la coppia cosmica di Cielo e Terra, e sorella di Osiride, Seth, Horus il vecchio e Nephthys. Di Osiride è anche la sposa.

Viene spesso rappresentata alata, con un trono come copricapo oppure con due corna di mucca che reggono il disco del Sole (questo in seguito alla sua identificazione con la dea mucca Hator, moglie di Ra). Altri suoi attributi sono il tjet (il “nodo di Iside” o il “sangue di Iside”, simbolo del ciclo mestruale e di rinascita), il nibbio, il cobra, la Luna e il fiore di loto. Viene anche identificata con la stella Sirio (Sothis per gli Egizi), la stella più brillante del cielo notturno, la cui apparizione all’alba, poco prima che la luce del Sole la oscurasse, segnava l’inizio del periodo delle inondazioni annuali del Nilo. Nel calendario egizio, calibrato sui moti stellari, Sirio ricopriva un ruolo molto importante e le sue peregrinazioni attraverso il cielo erano interpretate come altrettante tappe del mito di Iside.

Tjet di Iside

Tjet di Iside

Il mito racconta che Seth, arrabbiato fin dalla nascita, è invidioso del potere del fratello Osiride, che è succeduto a Ra ed è divenuto re dell’Egitto. Un giorno Seth dà un banchetto in onore del fratello e fa arrivare una bellissima cassa di legno oblunga. Seth sfida i partecipanti a sdraiarcisi dentro: colui che ci starà perfettamente, sarà il vincitore. Nessuno però sembra essere delle dimensioni giuste fino a quando non tocca a Osiride: a lui la cassa calza a pennello! (Certamente, perché Seth l’ha fatta costruire proprio su misura per lui). Non appena Osiride si sdraia nella cassa, Seth chiude il coperchio e la getta nel Nilo, decretando che la cassa sarà la sua tomba.

Iside, piangendo la morte dell’amato, parte alla ricerca della cassa per garantirgli almeno un funerale appropriato. Per trovarla viaggia fino a Byblos, in Fenicia, dove, lavorando sotto mentite spoglie come nutrice del figlio della principessa, viene a scoprire che la tomba del suo sposo si trova all’interno di un albero di tamarindo attorno a cui il re ha fatto costruire il suo palazzo. Rivelando la sua identità divina in seguito a varie vicissitudini, Iside ottiene dal re il permesso di recuperare la cassa con il corpo dell’amato e di riportarla in patria, dove la nasconde in una palude.

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Ma Seth lo viene a sapere e, scoperto il nascondiglio della cassa, in un impeto di rabbia fa scempio del corpo del fratello, dividendolo in quattordici pezzi che poi sparpaglia per tutto l’Egitto.

Iside allora assume la forma di nibbio e vola sull’Egitto alla ricerca dei pezzi. Li ritrova tutti tranne uno, il fallo, che è caduto nel Nilo ed è stato mangiato dai pesci.

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Milvus milvus, il nibbio reale.

Con l’aiuto del dio Thoth Iside rimette insieme i pezzi del suo sposo, e con lo scopo di farlo vivere nuovamente li unge con balsami preziosi e li avvolge in garze, inventando il rituale dell’imbalsamazione. Al posto del pene mette un fallo d’oro che lei stessa ha modellato.

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Terminato il rituale, Osiride risorge e  diviene il re degli Inferi. Il suo corpo e quello di Iside si sollevano insieme nel cielo e i due si uniscono un un amplesso sacro da cui nascerà Horus.

Seth, che ora è il re d’Egitto, non deve sapere della nascita di Horus, altrimenti cercherebbe di ucciderlo. E’ così che inizia il viaggio avventuroso di Iside e di suo figlio attraverso l’Egitto, in cerca di riparo e protezione.

Quando Horus diviene adulto e abbastanza potente, sfida e sconfigge lo zio assassino, ma Iside gli chiede di risparmiargli la vita: dopotutto, è sempre suo fratello.

La disputa tra Horus e Seth

La disputa tra Horus e Seth

Horus diviene il nuovo re d’Egitto e Iside scoppia di gioia per questo. Canta inni e piange lacrime dorate. Alcuni miti narrano che, una volta divenuto re, Horus sposa sua madre, che diviene a sua volta madre dei suoi quattro figli.

In questa storia ci appaiono alcuni dei mille volti di Iside: Iside la sposa fedele, l’innamorata coraggiosa che per ben due volte parte alla ricerca dell’amato e in entrambi i casi lo ritrova; Iside la sciamana, la dea alata che raccoglie i pezzi sparsi dell’anima di Osiride e li rimette insieme, risvegliandolo a nuova vita; Iside madre e moglie, moglie e madre, protettrice e donatrice di vita (è madre e moglie di Horus ma in un certo senso è moglie e madre anche di Osiride, che fa rinascere come re degli Inferi).

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Iside e il suo amato sposo Osiride, re degli Inferi

Un altro mito racconta di come Iside ruba il potere a Ra. La dea inventa un serpente velenoso, il cobra, e fa sì che Ra ne venga morso. Avvelenato, Ra è in preda agli spasmi e al dolore, e implora Iside, che è maga e guaritrice, di salvarlo. Ma Iside gli dice che perché la magia funzioni, le serve conoscere il nome segreto di Ra (nell’Antico Egitto, ogni dio così come ogni persona aveva un nome pubblico e un nome segreto, depositario dell’anima e del potere dell’individuo). Sul punto di morire, Ra bisbiglia nell’orecchio di Iside il suo nome segreto. Lei lo salva dal veleno ma da quel momento in avanti possiede il suo potere. E’ così che il suo sposo Osiride sostituisce Ra e diviene re dell’Egitto.

Maga potente, guaritrice, fedelissima madre-sorella-sposa, Iside cambia forma e non perde mai la speranza. Incarnando l’archetipo della buona moglie e della protettrice dell’ordine, Iside è sempre compresa ed è risultata gradita, facilmente assimilabile presso tutte le religioni del patriarcato, dall’Antico Egitto fino al cristianesimo. E’ simbolo di una femminilità potente ma domestica, felice di ricoprire il ruolo di sposa o di madre del sovrano, proteggendo il suo potere con la sua magia bianca.

Iside rappresenta il lato generoso e complementare della nostra femminilità. E’ la compagna fedele, la complice astuta, colei che non desidera il potere per sé ma per l’amato, e proprio così diviene protagonista indiscussa, salvatrice, eroina splendente.

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Iside rappresenta anche l’Anima junghiana, la parte femminile dell’uomo che, se propriamente integrata nell’Io, gli permette di raggiungere appieno la sua sovranità sulla psiche (l’imprescindibile conjunctio oppositorum della via alchemica).

E’ una delle poche dee che non solo sono “sopravvissute” al patriarcato ma anzi, hanno prosperato, facendo innamorare di sé tanto gli uomini quanto le donne. Questo perché Iside rappresenta una femminilità consapevole e dolce, in pace con se stessa, dotata di un grande potere che amministra con un amore ancora più grande. Rifiuta di uccidere e il male che compie è sempre a fin di bene. E’ soprattutto una Grande Madre e ci mostra il suo volto rassicurante e protettivo, immenso come quello della Luna.

Iside è fonte di potere e di serenità allo stesso tempo. Questa è la sua grandezza. E’ la Regina per eccellenza, la madre di Re, che ha risolto e superato il conflitto con il maschile senza rinunciare nemmeno a un grammo del suo splendore. Iside ci dimostra che possiamo accettare e amare la parte maschile che portiamo dentro di noi, fondendola con quella femminile in un amplesso sacro e fertile. Ci mostra come maschile e femminile siano diversi eppure indispensabili l’uno all’altra. Simbolo di ciò è l’unione tantrica, matrimonio alchemico oltre la vita e la morte che celebra con il suo sposo Osiride, dopo che lui è risorto grazie al rituale dell’imbalsamazione. Da questa unione nasce Horus, figlio divino destinato a divenire Re.

Possiamo invocare Iside quando abbiamo bisogno di attivare la nostra femminilità complementare e complice, quando dobbiamo rapportarci con energie maschili che vogliamo proteggere e innamorare, quando sappiamo che ci sarà richiesto un comportamento maturo, regale e generoso. Invochiamo la sua energia potente qualora ci serva aiuto per una guarigione di qualsiasi tipo. Iside è la protettrice dei terapeuti e dei guaritori. Protegge inoltre i rituali magici, la fertilità della Terra e del grembo, gli innamorati.

Invochiamo Iside chiedendole saggezza e protezione quando vogliamo lavorare alla fusione alchemica dei principi maschile e femminile dentro di noi. Che lo sbattere delle sue ali, che diffondono nell’aria un profumo dolcissimo e sollevano il vento nel Regno dei Morti, ci accompagni lungo il nostro viaggio di ri-scoperta dell’Unità assoluta d’Amore oltre gli opposti.

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Bibliografia e sitografia:

-Houston J., The passion of Isis and Osiris, Ballantine Wellspring, Toronto 1995

-Monaghan P., Dizionario delle Dee e delle Eroine, Red Edizioni, Milano 2004

-Pinch G., Egyptian Mythology, Oxford University Press, Oxford 2002

-Ancient Egypt Online: http://www.ancientegyptonline.co.uk/isis.html

-Encyclopaedia Britannica: http://www.britannica.com/topic/Isis-Egyptian-goddess

-Wikipedia: https://en.wikipedia.org/wiki/Isis

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Uruz, l’Istinto di Sopravvivenza

Se con Fehu eravamo nel regno dell’abbondanza senza fine della vita intrauterina, con Uruz (fonetica “U”) facciamo l’ingresso nel mondo. Uruz rappresenta l’istinto di sopravvivenza, l’energia primordiale irrefrenabile con cui emettiamo il primo, disperato vagito di saluto al mondo.

Siamo nati. Non c’è più il tepore perfetto che ci circondava e con cui ci identificavano nel ventre di nostra madre. Ora siamo fuori, soli, fa freddo, ci sentiamo “sconnessi” dal corpo che prima ci teneva in vita, siamo spaventati e assediati da centinaia di stimoli che non riconosciamo. Tutto è più intenso: i suoni, le sensazioni. L’aria inizia a scorrere nel nostro sistema respiratorio ed è un’esperienza che ci sembra del tutto naturale, istintiva, eppure stupefacente. Come facciamo a sapere come si respira?

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Il nome Uruz deriva da “ur”, radice indoeuropea che indica la forza primordiale, l’istinto, e ideograficamente rappresenta la corna dell’uro (Bos taurus primigenius), il suo animale simbolo, un toro di dimensioni gigantesche che fin dall’Età del Bronzo veniva identificato con la forza e la fertilità, rappresentato nelle pitture rupestri, sacrificato in rituali sacri per la Grande Madre, sfidato da uomini che volevano dimostrare il loro valore con la tauromachia.

Oggi l’uro è estinto. L’ultimo esemplare era una femmina ed è morta in Polonia nel 1627.

Se Fehu sono le corna della mucca cosmica rivolte verso il cielo, Uruz sono le corna dell’uro rivolte verso la Terra: il toro a testa bassa, che riceve la sua energia dalle viscere del pianeta e si concentra prima di partire all’attacco.

Uruz è un’energia profonda radicata dentro di noi. E’ la forza inconscia irrefrenabile, che nemmeno sappiamo di avere ma che si aggira nei meandri della nostra mente come il Minotauro nel suo labirinto. E’ quella forza muta e impersonale che sa già come si fanno le cose, senza bisogno dell’aiuto della mente razionale individuale. E’ il potere di modellare la realtà.

Se questa forza sovrumana lavora contro di noi, non potremo procedere ma dovremo continuamente offrirle costosi sacrifici senza riceverne nulla in cambio, almeno fino a che una parte di noi (Teseo) non troverà il coraggio di uccidere il Toro inoltrandosi nel labirinto dell’inconscio, con il gomitolo della coscienza a garantirgli la via del ritorno.

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Se invece questa energia combattente eminentemente maschile, questa forza di volontà ferrea lavora a nostro favore, è in armonia con i nostri scopi, allora possiamo contare sull’appoggio del nostro inconscio che, invece di metterci i suoi grossi bastoni tra le ruote ci sosterrà con tutto il suo potere, come una gigantesca onda schiumosa che ci trasporta sulla sua cresta.

Uruz rappresenta il lato oscuro e selvaggio dentro di noi, la nostra parte animale che desidera sopravvivere e affermarsi più di qualunque altra cosa e a ogni costo. E’ la pertinacia, l’energia maschile, la forma che penetra la materia strutturandola. Uruz è la forza interna alla materia stessa,  che la organizza secondo un pattern preciso. E’ quell’istinto dentro di noi che ci porta a intraprendere le azioni e portarle a termine, il desiderio di autoaffermazione, di lasciare un segno nel mondo, di conquistare il nostro spazio e informarlo di noi.

E’ l’immenso corpo del toro, forte e caparbio, difficile da addomesticare, con un profondo istinto per la vita, che si scrolla di dosso le linci fameliche.

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Essendo un’energia radicata nel nostro inconscio, Uruz rappresenta una parte di noi primordiale con cui dobbiamo imparare a fare i conti se vogliamo integrare ogni lato della nostra anima. Uruz è la bestia, che alcuni di noi forse ripudiano e tengono nascosta ma è proprio da lei che viene l’energia che ci sostiene nella vita, la salute, la forza di lottare con testardaggine, la perseveranza nel portare a termine le azioni, l’intraprendenza. E’ la spinta a sopravvivere, a farsi spazio. Se questa energia è accettata e ben integrata, può costituire una risorsa importantissima per la nostra vita. Sono le fondamenta del Guerriero, le radici da cui riceve energia dalla Terra.

L’estrazione di Uruz indica che l’istinto primordiale ci sta sostenendo, che abbiamo la salute, la forza, una buona riserva di energia su cui contare. Che abbiamo preso la rincorsa verso la realizzazione di un nostro progetto e una forza da toro ci aiuterà a portarlo a termine.

Uruz chiama anche in causa l’inconscio, il lato oscuro, animale, e ci dice, se estratta diritta, che in questo momento il nostro Io sta andando nella stessa direzione del nostro Minotauro interiore, che le due energie sono in sintonia. Tuttavia ci ricorda la sua presenza: non siamo solo luce e consapevolezza, ma anche forza cieca istintiva, slancio disperato, fame di vita. Dobbiamo sempre lavorare verso l’accettazione del nostro aspetto animale e verso la sua integrazione con gli aspetti più consci della nostra personalità.

Uruz capovolta indica al contrario un blocco in quest’area energetica, un ristagno, una mancanza di forza. Il nostro inconscio, il toro che si aggira nel labirinto della nostra mente, è scontento e non ci sta sostenendo anzi, probabilmente sta lavorando contro di noi, causandoci un’enorme fatica, rallentamenti, stanchezza. Uruz capovolta indica incapacità di agire, assenza di determinazione, forse cattive condizioni di salute.

Significa che, qualunque progetto stiamo perseguendo, dobbiamo innanzitutto risolvere il blocco istintivo che ci impedisce di avanzare, di lottare. Dobbiamo metterci in ascolto del nostro inconscio più profondo, dove risiede quel motore insaziabile di vita che costituisce la base energetica di tutte le nostre azioni. Cosa c’è che non va? Stiamo facendo qualcosa che va contro i nostri principi? O forse il nostro inconscio è bloccato a un’altra fase della nostra vita, a un irrisolto che continua a chiederci sacrifici, a risucchiare energia senza restituirci nulla in cambio? C’è da qualche parte dentro di noi un vampiro energetico che tiene Uruz in ostaggio?

Uruz capovolta ci invita a riflettere anche sul nostro equilibrio energetico, su cui possiamo influire anche con esercizi fisici atti a sbloccare i chakra inferiori, dal primo al terzo. Dobbiamo ricontattare la nostra energia primordiale, darle voce, lasciarla urlare di rabbia e di vita, farle sentire che la accettiamo a che anzi abbiamo un fondamentale bisogno del suo aiuto.

Soltanto lei ci può dare la forza strutturale, soltanto lei custodisce nel suo grande corpo nero le riserve energetiche per nutrire la nostra volontà.

Uruz è scoppiare di salute, affermare la propria presenza nel mondo, integrarsi nella realtà dandole forma, plasmandola con la nostra energia e impegnandoci per realizzare i nostri obiettivi.

Parole chiave: istinto, energia primordiale, forza, salute, volontà, azione, vitalità

Divinità che la presiedono: Loki, Odino

Chakra: I, III

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Per approfondire:

-G. Bellini, U. Galimberti, Runemal – Il grande libro delle Rune, L’Età dell’Acquario, Torino 2009

-E. Thorsson, Futhark – A Handbook of Rune Magic, Red Wheel/Weiser, San Francisco 1983

-E. Thorsson, Runelore, Red Wheel/Weiser, San Francisco 1987

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