Samhain: ogni Fine è un nuovo Inizio

Per i Celti, dal tramonto del 31 ottobre al tramonto del 1 novembre il velo che divide mondi si assottiglia, permettendo alle creature di dimensioni parallele di entrare in comunicazione. Durante quel giorno, gli spiriti degli antenati defunti e quelli degli Aos Sì, “coloro che vivono sotto le colline”, ovvero fate ed elfi, potevano incontrare i viventi e festeggiare con loro, oppure perseguitarli.

Nella tradizione celtica gli Aos Sì erano considerati essere gli spiriti dei Tuatha Dè Danann (“il popolo della Dea Dana”), ovvero gli antenati più antichi degli stessi Celti, la popolazione che viveva nelle terre celtiche prima di ritirarsi nell’Altromondo in seguito alle invasioni dei Milesiani, i figli mortali di Mil Espaine, un invasore proveniente dall’Iberia.

I Tuatha Dè Danann, sconfitti dai Milesiani, accettarono di andare a vivere sottoterra, sotto alle colline così diffuse e caratteristiche del paesaggio irlandese, chiamate in gaelico “sidhe”, termine con cui si possono indicare sia le semplici colline che, per estensione, anche le creature che ci vivono.

20245809 Plate 6 There is almost nothing that has such a keen sense of fun...

Anziché divenire divinità o fantasmi, divennero fate, elfi e folletti: un popolo governato da leggi differenti da quello umano, che vive in una dimensione parallela alla nostra, con cui a volte si intreccia.

E’ interessante notare che davvero i Celti usavano seppellire i loro avi sotto a colline, scavando tombe simili a case, decorate con incisioni spiraliformi e orientate astrologicamente. Nel caso del Mound of the Hostages, una tomba neolitica situata in Irlanda, nella valle del fiume Tara, l’ingresso è allineato con l’alba di Samhain (pronuncia “saah-win” o “saa-ween”).

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I Tuatha Dè Danann sono con ogni probabilità una stirpe realmente esistita, sconfitta dagli invasori e sterminata, sepolta dai sopravvissuti sotto a colline e divenuta leggenda fra gli uomini. Gli antenati anziché semplicemente morire hanno attraversato il velo delle dimensioni, cambiando realtà e trasformandosi in un popolo fatato che, a Samhain, è molto facile incontrare.

L’importanza delle feste stagionali (Samhain, Imbolc, Beltane, Lughnasadh) presso i Celti risale ad origini molto antiche. James Frazer, ne Il Ramo d’oro, fa notare che il 1 novembre nelle terre d’Irlanda non poteva essere una data collegata al mondo dell’agricoltura, in quando il clima è già troppo rigido e il raccolto è terminato. Invece, è proprio intorno a questa data che i pastori riportano il bestiame dai pascoli di altura estivi, per ritirarlo nelle stalle, preparandosi al gelo e al buio. Samhain sarebbe pertanto una festa legata al mondo pastorale e perciò arcaica, precedente lo sviluppo dell’agricoltura. E’ la festa che celebra l’annuale morte della Natura, la fine dell’anno lunare e l’inizio del nuovo (il capodanno lunare vero e proprio ha luogo con il primo novilunio dopo il giorno di Ognissanti, che quest’anno cadrà l’11 novembre). Se a Beltane, festa speculare a Samhain celebrata ogni 1 maggio, si festeggiano la luce e la vita facendo grandi fuochi e danzandovi intorno, a Samahin si danza intorno agli stessi fuochi per accogliere l’oscurità e onorare la morte.

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Alcuni studiosi hanno ipotizzato che, in un remoto passato, a Samhain si svolgessero sacrifici di capi di bestiame e di esseri umani: il dio della vegetazione moriva e il suo sangue veniva utilizzato per fertilizzare la terra, per renderla ricettiva ai semi che vi avrebbero trascorso sognanti tutto l’inverno, germogliando soltanto mesi e mesi dopo, al ritorno della luce.

Samhain è una festa molto importante: è un rito di conclusione, di morte e rinascita (perché ad ogni fine corrisponde un nuovo inizio). I fuochi di Samhain servono a purificare, a bruciare il vecchio, ciò che non serve più, per permettere al nuovo di formarsi. Com Samhain celebriamo l’arrivo del buio e del freddo, riconnettendoci a quella rete della vita che ci fa tutti fratelli: onorando gli antenati, gli spiriti defunti, dai più vicini ai più remoti, alle origini della razza umana.

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Albero genealogico

Tradizionalmente, la sera del 31 si apparecchia la tavola aggiungendo un posto in più, per i morti. Si serve il cibo anche sul loro piatto e, alla fine del pasto, si pone quello stesso piatto fuori dalla porta, offrendolo agli spiriti che quella notte si aggireranno in questa dimensione.

Questo è un rito semplice che anche noi oggi possiamo ripetere. Samhain è un’ottima occasione per commemorare i morti del nostro lignaggio, vicini e lontani, onorandoli, invocando luce ed energie di guarigione per sanare i pattern negativi che ancora sopravvivono e ringraziando gli avi per i loro doni, per la vita, per i talenti che offriamo al mondo.

Milioni di madri hanno sofferto la gioia e il dolore del parto per permettere a noi di nascere. Siamo il frutto e l’anello di una lunghissima tradizione di amore, fatta da persone in carne e ossa, ognuna con i propri dolori, paure e fantasmi, che ci hanno trasmesso la vita facendo sempre il meglio che potevano. Samhain è il momento per riflettere su questo, per guarire e ringraziare. La Guarigione è un processo lungo, dura tutta la vita. E’ bello perciò dedicarle momenti sacri, in cui oltre che guarire noi stesse, guariamo anche il nostro lignaggio e, attraverso la rete della vita, il resto dell’umanità.

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Samhain è anche il tempo per rivolgere l’attenzione alla nostra interiorità, imitando ciò che fa la Natura: gli alberi fermano lo scorrere della linfa nei rami, concentrando tutta la loro vita sottoterra, dove la coltre di foglie e ghiaccio permetterà di mantenere il tepore. Sopra la Terra tutto sembrerà morto, mentre dentro, all’interno, la vita starà sognando forme e colori. Secondo Rudolf Steiner le stagioni corrispondono al ritmo del respiro della Terra: l’autunno è quando la Terra inspira, per poi trattenere il respiro durante l’inverno, espirare durante la primavera e rimanere in apnea d’estate, completamente esteriorizzata, in attesa del lungo inspiro che porterà nuovamente l’autunno.

Accogliamo il buio e il freddo sintonizzandoci con il nostro mondo interiore, concentriamoci sul respiro, poniamo attenzione a ciò che sentiamo dentro di noi. Tiriamo le fila dell’anno trascorso, buttando ciò che non serve più e ripulendo il nostro spazio, a tutti i livelli, da quello fisico a quello spirituale. Prepariamo un suolo fertile che accolga i semi dei nostri progetti futuri. Lasciamo dolcemente che la parte più attiva di noi vada in letargo e affiniamo i nostri sensi sottili. Facciamo lunghe passeggiate nei boschi, se possiamo. Proviamo ad ascoltare il rumore della Vita che sogna.

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Nota: tutti e tre i disegni riportati in questo articolo sono di Arthur Rackham (1867-1939), illustratore inglese che ha illustrato, tra gli altri, “Fiabe irlandesi” di Stephen James e “Alice nel Paese delle Meraviglie ” di Lewis Carroll.

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